Collesalvetti Andrea Crespolini, assessore al bilancio del Comune di Collesalvetti, si trova vicino alla scadenza del suo secondo mandato: 10 anni di assessorato. In questa intervista rilasciata a Collenews, Crespolini fa il punto sulla politica fiscale adottata nel Comune colligiano, rivendicando il «livello di tassazione basso per le nostre famiglie» e l’aver «gestito la cosa pubblica col metodo del “buon padre di famiglia”». Fra le altre cose, nel rispondere alle domande del direttore della testata, cita anche della Cittadella dello Sport e della riapertura del Palazzetto dello Sport. Ma lo spettro del ragionamento è più ampio: Crespolini infatti riflette anche sulla crisi della Sinistra in Europa, sulle dinamiche nazionali del suo partito, non mancando di dare un giudizio, non certo lusinghiero, sul presidente del Consiglio Giuseppe Conte, sul Movimento Cinque Stelle e sulla Lega.
Assessore Crespolini, durante l’ultima seduta del Consiglio Comunale avete approvato una delibera inerente la salvaguardia degli equilibri di bilancio e l’assestamento generale? Vogliamo spiegarla ai non addetti ai lavori?
«La salvaguardia degli equilibri è un atto fondamentale della vita di un ente locale inserendosi come verifica puntuale dei flussi di entrata e del comparto della spesa. Un momento importante in cui si cerca di ristabilire, nel caso ce ne fosse bisogno, l’equilibrio contabile. Il Testo Unico degli Enti Locali predispone questo passaggi come obbligatorio per tutti i Comuni, da approvare entro fine luglio di ogni anno; nonostante questo, a Collesalvetti abbiamo l’abitudine, ormai da diversi anni, di non aspettare questa scadenza ma verifichiamo puntualmente ogni fine mese l’evoluzione degli incassi e delle spese. Noterete infatti che quasi ogni fine mese portiamo in Consiglio le variazioni agli stanziamenti di bilancio, proprio per non farci prendere di sorpresa da eventuali imprevisti che si possono verificare nel corso dell’anno: questa prudenza ci ha permesso di superare momenti difficili senza alcun danno per le tasche dei cittadini».
Lei sta per concludere 10 anni, dunque 2 mandati amministrativi, come assessore al bilancio della Giunta colligiana. Se dovesse riassumerli brevemente, quali tratti di politica fiscale ricorderebbe ai lettori di Collenews come caratterizzanti l’indirizzo dato al suo assessorato?
«È stata un’esperienza di vita importante in cui si sperimenta cosa significhi amministrare risorse che non sono tue, con relative responsabilità. L’impostazione che ho cercato di dare in questi anni alle politiche di bilancio è senz’altro quella di riportare la gestione dell’ente sotto una visione di gestione del buon padre di famiglia, in un contesto generale di tessuto economico/sociale, che ha subito una crisi devastante e con un quadro normativo che ha tagliato in maniera pesante le risorse a disposizione degli enti locali. Un dato sicuramente importante è il mantenimento del livello di tassazione basso per le nostre famiglie, tanto che se si confrontano ancora oggi le diverse imposte comunali con i Comuni limitrofi, ci accorgiamo che i colligiani pagano molto meno sia per la TARI sia per l’IRPEF. In un momento di difficoltà era necessario non mettere mano nelle tasche dei cittadini, ma sacrificare la spesa interna della macchina amministrativa. Un altro dato importante è il mantenimento dell’aiuto al settore sociale, cioè il mantenimento negli anni della spesa dedicata a tale comparto: nonostante vi sia stata austerità delle risorse, il sociale è sempre stato garantito. Aggiungo brevemente la conclusione della faticosa vicenda della Cittadella dello Sport, sulla quale abbiamo tutti insieme fatto un ottimo lavoro che ha permesso di superare un momento di grande difficoltà sotto il profilo finanziario che avrebbe potuto portare a danni gravi, invece è stata sanata virtuosamente con perseveranza e grande professionalità; una vicenda in cui sono stati evitati aggravi di tassazione per i cittadini. Credo sia sotto gli occhi di tutti, che la scelta di gestire la cosa pubblica col metodo del “buon padre di famiglia” abbia prodotto ottimi risultati ed è evidente che questo significhi lasciare alla futura amministrazione un bilancio sano, forte e con una percentuale di posizione debitoria irrisoria (anche grazie alla caparbietà di non accendere nuovi mutui o prestiti)».
Cose buone ed errori fatti dal PD colligiano e la sua Giunta?
«ll PD colligiano ha amministrato in un decennio difficile, colpito dalla crisi economico-sociale e dai tagli della spending review che hanno ridotto le risorse degli enti locali e questo ha caratterizzato la vita di questa Amministrazione. Quando si amministra e si fanno scelte, si cerca di operare sempre nell’interesse del bene comune, alcune possono andare a buon fine, altre meno ma sempre in buona fede. Credo che le cose positive siano in numero maggiore di quelle andate meno bene; ricordo la visione virtuosa dell’area dell’Interporto, che ha superato una visione prettamente logistica del sito e che ha permesso l’insediamento di importanti aziende con un aumento significativo dell’occupazione, il mantenimento di un cuscinetto rivolto alle persone più in difficoltà con un livello costante si spesa sociale, il risanamento della Cittadella dello Sport e la riapertura del Palazzetto dello Sport. Per non ripetermi sui livelli minimi di tassazione delle nostre famiglie. Riassumendo direi: poche tasse, mantenimento del sociale, visione virtuosa del territorio».
Spogliando i panni dell’amministratore e rivestendo quelli del politico di partito, le elezioni comunali si avvicinano: secondo lei il PD vincerà ancora a Collesalvetti? O c’è la possibilità che vincano altre forze politiche? Quali, se del caso?
«I risultati delle recenti elezioni amministrative dei Comuni a noi limitrofi, che hanno interessato ad esempio anche il Comune di Pisa, parlano chiaro: si evidenzia sempre più una Sinistra in sofferenza dappertutto, soprattutto nelle cosiddette regioni rosse a beneficio di forze che parlano direttamente alla pancia della gente, molte volte con soluzioni proposte semplicistiche cercando di fare “bottino” elettorale per poi essere in difficoltà una volta al governo. Ma il problema della Sinistra non è solo italiana, se guardiamo in Europa la Sinistra ha subito sconfitte severe su tutti i fronti ed anche l’SPD di Schulz, a cui tanti guardavano con speranza per una virata a Sinistra dei partiti socialdemocratici, ha fallito inesorabilmente. Anche la Francia, l’Olanda, la Grecia, la Spagna e Austria evidenziano lo stesso trend. Nel panorama europeo rimane l’esperienza di Governo del Portogallo che raccoglie i partiti di Sinistra e della Sinistra radicale, che ha però adottato un programma che avalla in toto le richieste europee. Che ci sia un problema di ridefinizione di cosa voglia significare essere di Sinistra è sotto gli occhi di tutti. Il PD potrà vincere, anche a Collesalvetti, se saprà capire le trasformazioni che il mondo ha subito negli ultimi anni e utilizzerà “occhiali” nuovi per interpretarla: la società è cambiata profondamente, non esistono più le classi sociali viste come blocchi che si identificano nella dicotomia Sinistra-Destra. Come ridefinire la Sinistra? Le elezioni amministrative e quelle politiche di questi anni hanno evidenziato due aspetti fondamentali: a) che i cittadini non sono interessati a ricette del passato, mi riferisco in particolar modo a coalizioni di centrosinistra che vedevano insieme partiti con visioni opposte, da Rifondazione Comunista a Mastella che li contraddistingueva la politica del “contro qualcuno”: ieri contro Berlusconi, mentre oggi potrebbe essere quella del binomio Lega-Cinque Stelle. Queste ricette sono state spazzate via dalla storia e dai risultati elettorali. Ed anche nei Comuni dove tutta la Sinistra si presentava sotto un unico cappello, con la speranza di avere più opportunità, è stata bocciata pesantemente; b) che i cittadini hanno penalizzato anche i partiti a Sinistra del PD, soprattutto quelli nati dalle scissioni del PD con una visione di Sinistra più radicale. I dati negativi dei vari partiti che si sono formati in questi anni contro il PD sono importanti per capire quale direzioni debba essere presa per la costruzione del futuro del centro-sinistra. A livello locale è chiaro che come PD dovremmo costruire un programma amministrativo che possa essere la base per il dialogo con tutti quei soggetti che si riconoscono in scelte razionali e di cuore e non in soluzioni semplicistiche di pancia e frutto dell’incompetenza».
Come vede la nuova associazione “Cittadini in Comune per Collesalvetti” nata sul territorio e che parteciperà alla competizione elettorale per le Amministrative 2019 come lista civica?
«Le liste civiche del territorio sono risorse fondamentali per la politica locale: qualsiasi organizzazione di cittadini che vuole dare il proprio contributo in questo senso è un fattore importante ed un valore aggiunto. In questi mesi si sono affacciate sul territorio colligiano diverse associazioni, alcune che presenteranno liste civiche altre no e ho notizia che ne saranno costituite di nuove nelle prossime settimane, segno di fermento e vitalità nei nostri cittadini. Alcune nascono per rappresentare una parte di territorio, altre per dare contributi in settori specifici, l’importante è capire se queste liste civiche vorranno essere antagoniste al PD o se vorranno condividere un programma amministrativo ed in questo caso se possano dare un reale valore aggiunto verificando la serietà di chi compone tali liste».
A livello nazionale hanno avuto la meglio il Movimento Cinque Stelle e la Lega. Anche a giudicare dai commenti sui Social, ma principalmente dal dato elettorale, sembra che tanta, tanta gente non ne possa più del PD, delle sue politiche e della sua gente. Come se lo spiega? Perché tanta insofferenza? Avete sbagliato qualcosa a livello nazionale, secondo lei? Se del caso, cosa?
«Come dicevo il corpo elettorale segue logiche del tutto diverse da come lo conoscevamo qualche anno fa: la crisi e la globalizzazione hanno accelerato questa trasformazione. Il PD nazionale ha certamente le sue colpe, in primis quella di non essere stato chiaro sulle principali questioni come sicurezza, globalizzazione, immigrazione, temi che hanno permesso alla Lega e ai Cinque Stelle di sfruttare tali argomentazioni con una dialettica populista e semplicistica. Abbiamo parlato di globalizzazione come un fattore importante di accelerazione dell’economia e come elemento di opportunità per le nostre aziende, ma non abbiamo parlato dei danni prodotti a quelle persone che hanno perso il lavoro; abbiamo elogiato l’internazionalizzazione delle imprese senza dire nulla su quelle piccole aziende, tante con dimensioni a carattere familiare, che non hanno la capacità di accedere ai mercati internazionali. Abbiamo parlato dell’immigrazione sottolineando dell’importanza del multiculturalismo e dell’integrazione, ma non abbiamo affrontato i problemi dell’emarginazione e delle difficoltà che queste persone realmente incontrano. È chiaro che su queste carenze comunicative si è inserito da una parte il modello populistico della Lega relativo alla sicurezza e all’immigrazione, dall’altra la comunicazione fatta di slogan e fake news del Movimento Cinque Stelle».
Perché la gente ha votato Lega e Cinque Stelle?
«Come dicevo perché hanno affondato i loro slogan su questioni delicate che il PD non è riuscito a declinare in maniera completa. È un voto essenzialmente di protesta e questo è avallato dal fatto che chi riesce ad interpretare il ruolo di partito anti-sistema conquista l’elettore medio; è significativo il fatto che gli elettori abbiano prima guardato al Movimento Cinque Stelle ed ora stiano confluendo sulla Lega. Presto però si accorgeranno che un conto è fare opposizione con gli slogan, un altro è governare rapportandosi con gli interlocutori internazionali e dare una risposta seria ai problemi quotidiani».
Un suo giudizio sul premier Conte?
«La figura di Conte, come sappiamo bene, è schiacciata dalle figure di Salvini e Di Maio che determinano cosa possa dire o no: significativo è stato il video del diniego dato da Di Maio alla richiesta del premier nel momento dell’insediamento in Parlamento. Evidente la debolezza della sua figura. Un giudizio sul Governo Conte in questi primi mesi è senz’altro negativo per una serie di questioni, la più importante è che si sia contraddistinto da una inattività ed un immobilismo surreale, tanto che significativi capitali esteri si sono allontanati dal nostro Paese e, nel momento in cui stiamo parlando, lo spread tra BTP-Bund è arrivato a 280 punti base; il che significa che, grazie a questo Governo, gli italiani pagheranno 4 miliardi di euro in più. Se poi pensiamo alle varie campagne contro i vaccini, contro la TAV, contro la TAP, sull’ingiusta proposta della flat tax, sul famigerato reddito di cittadinanza…».
Cosa sarà il PD nel dopo Martina? Renzi tornerà in gioco, secondo lei? Il partito cambierà nome?
«Credo sia importante uscire dalla crisi del PD attraverso un momento di analisi seria su quello che è accaduto non solo in questi anni in cui Renzi ha guidato il partito, ma partendo da molto prima: segni evidenti di cedimento del numero degli elettori erano già presenti nel dopo Veltroni. Inoltre dobbiamo superare anche la fase dello scontro interno continuo tra renzismo e anti-renzismo, cosa che accalora solo alcuni dirigenti ma che dall’altra fa scappare gli elettori. Martina traghetterà il partito fino ai congressi che si svolgeranno tra pochi mesi: auspico che il confronto sia serio senza arroccamenti di parte. A me non sono mai piaciuti i partiti personali e credo che non sia nemmeno lungimirante un progetto del genere».