Guasticce Il parroco di Guasticce, Don Ramon Guidetti, festeggia i 5 anni (3 dei quali trascorsi a Guasticce) dall’ordinazione sacerdotale. Per l’occasione, nella giornata di sabato scorso, i parrocchiani del paese hanno organizzato, dopo la Messa, un piccolo rinfresco con il sacerdote, all’aperto, rispettando le norme di sicurezza vigenti. Collenews, in occasione della ricorrenza, lo ha intervistato.

 

Don Ramon, cinque anni fa la sua ordinazione sacerdotale. Sabato sera, dopo la Messa, i parrocchiani di Guasticce le hanno fatto una festa con un rinfresco all’aperto. Che ricordo ha di quel giorno in cui le sono state imposte le mani e che impressione le ha fatto la festa dei parrocchiani di ieri?

«Questi cinque anni da sacerdote sono stati molto veloci e intensi. Del giorno nel quale il vescovo mi impose le mani ricordo in modo la sensazione di importanza che sentivo. Sensazione che peraltro mi accompagnerà per tutta la vita, in quanto riconosco per l’appunto la rilevanza che la figura del sacerdote rappresenta. Quest’ultimo, infatti, non è soltanto colui che porta la Parola di Dio, ma è anche colui che si presta nel soddisfare determinate esigenze della popolazione come è accaduto ad esempio durante il lockdown dovuto all’emergenza Covid-19, periodo in cui mi sono recato presso le abitazioni dei cittadini per sentire come stavano o per portare generi alimentari per persone malate o anziane. La storia della Chiesa è infatti piena di nomi di sacerdoti che si sono prodigati ad aiutare il prossimo in questo senso. La vita del sacerdote è una responsabilità che viene data da Dio ed è una vita di fede che si incarna nella vita delle persone».

Come è nata in lei la vocazione sacerdotale?

«Il mio percorso è stato molto complesso e ci sono state diverse tappe. A spianarmi la strada è stata prima di tutto la Parola di Dio, attraverso il Vangelo di Matteo e poi successivamente anche l’incontro con alcune persone e varie vicissitudini di vita. La vita del sacerdozio è il risultato di una chiamata da parte del Signore che ti indirizza verso un certo stile di vita e chiunque abbia scelto questa vita ha percorso una strada diversa per intraprenderla».

Che bilancio fa di questi primi anni come parroco a Guasticce?

«Io sono a Guasticce da tre anni e sicuramente con tanta pazienza e fatica siamo riusciti a costruire qualcosa. Ma è difficile redigere un bilancio poiché questo è un paese che è in continua evoluzione, soprattutto dal punto di vista sociale. Da quando sono qui ho infatti notato che c’è stato un certo afflusso di nuove persone che sono venute a stare in questo paese. E questo provoca la creazione di nuovi tessuti sociali e, ovviamente, anche l’attività pastorale deve evolversi ed adeguarsi volta per volta alle varie situazioni che le si pongono davanti».

Ha dei progetti pastorali per il futuro prossimo nella Parrocchia del paese?

«I progetti si possono fare se ci sono elementi stabili che permettono di attuarli. Io in cinque anni di attività ho capito che bisogna attendere dei progetti che ci dà Dio. Quindi io non ho particolari progetti pastorali, ma il mio obiettivo è quello di portare ogni giorno una parola di speranza, di fede e di vita alle persone che al giorno d’oggi sono attanagliate da molti più problemi rispetto al passato. Quindi vorrei far vedere alle persone che il sacerdote c’è ed è una presenza fisica e spirituale che di questi tempi è di vitale importanza».

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