Don Ramon Guidetti, nuovo parroco di Guasticce

Guasticce ha il suo nuovo parroco. Don Ramon Guidetti, livornese di 42 anni, è in Parrocchia dal 1 agosto, anche se farà il suo ingresso ufficiale assieme al Vescovo per la presa di possesso, in una data ancora non meglio precisata, nella prima metà di settembre. Con alle spalle una prima esperienza nei frati cappuccini, ha poi lasciato per iniziare a lavorare, fino a quando non ha conosciuto un sacerdote a Firenze. L’incontro con lui e la lettura del Vangelo di Matteo gli fanno riprendere il cammino vocazionale. Rientra così in seminario, il 1 ottobre del 2011 e riprende gli studi teologici a Camaiore, fino a giungere all’ordinazione sacerdotale nel 2015. Collenews lo ha intervistato.

Padre Ramon, qual è stata la sua prima impressione del paese?

«Abituato alla Parrocchia di San Jacopo in Acquaviva a Livorno, con gente che veniva in chiesa, suonava il campanello e telefonava continuamente… beh: qui ho trovato una realtà molto più piccola. L’impressione che ho avuto è quella di un paese un po’ “addormentato”, con i giovani che gironzolano in qua in là, senza una meta fissa».

Ha ricevuto una buona accoglienza?

«Quelle 30 persone che in più occasioni si sono presentate a me, mi hanno fatto una buona impressione, mi hanno dato il benvenuto, mi hanno offerto da bere e le persone delle case vicine si sono messe a disposizione per qualsiasi evenienza. L’impressione che ho avuto è quella di un paese che è pronto ad offrirsi, basta semplicemente riaprire quelle porte che sono state chiuse».

Ha già qualche idea pastorale per questa sua nuova parrocchia?

«Tutti mi dicono di coinvolgere i giovani, ma la vera realtà da coinvolgere sono le famiglie. Mi sembra di capire che Guasticce si sia trasformata nel tempo. In tanti me lo descrivono come un paese-dormitorio con tante persone che sono emigrate da Livorno e il nucleo dei paesani veri che si è molto assottigliato. Molto del lavoro pastorale andrà dunque incentrato sulle famiglie; il che vuol dire per esempio ripristinare iniziative come quella del Presepe Vivente, che coinvolgano anche i bimbi».

Come pensa di coinvolgere i giovani?

«C’è già un gruppo di Azione Cattolica. Si parte da qui, dal fortificare il gruppo che già esiste in Parrocchia, per poi vedere se c’è modo di far sì che anche altri giovani non stiano solo sulle panchine e al campo da pallacanestro, ma vengano anche in Chiesa. L’idea potrebbe essere quella di coinvolgerli nella ristrutturazione di alcuni locali parrocchiali».

Quali invece le sue idee per la cura pastorale di adulti ed anziani?

«Già durante le Messe di sabato e domenica scorsi ho chiesto che mi fossero indicati gli anziani a cui fare visita e ho portato loro la Comunione. Qualcuno di questi anziani l’ho già visitato, le opere di misericordia sono fondamentali. Iniziative come questa possono anche vedere il coinvolgimento dei laici e dei bambini».

Pensa di ripristinare qualche tradizione tramontata col tempo? Parlava prima del Presepe Vivente…

«Il Presepe Vivente è sicuramente una di queste; c’è già un gruppo di persone che è intenzionato a contribuire a ripristinare questa tradizione, ma anche altre persone possono essere coinvolte in questo e anche altre tradizioni possono essere riscoperte, ri-valorizzando i punti storici di Guasticce».

Quali le priorità d’azione (se ha già avuto modo di farsi un’idea)?

«All’inizio si osserva, poi si agisce. La prima cosa da attuare è l’accoglienza: l’affabilità, il sorriso sono cose fondamentali da trovare nel sacerdote. Il fatto che si sia già risvegliato un certo entusiasmo è positivo. Prima dunque le qualità umane del sacerdote, poi tutto il resto».

Si avvarrà della collaborazione di un Consiglio Pastorale? Come sarà formato?

«Sarebbe indicato. Questo percorso parte da un discernimento personale da parte del sacerdote. Occorre ricostruire il Consiglio sciolto per ri-coinvolgere le persone. Una parte del nuovo Consiglio sarà elettiva, mentre l’altra composta di persone di mia scelta, che nominerò una volta studiate bene nella loro volontà di costruire qualcosa di positivo per la Parrocchia».

Ci parli un po’ di sé… come è nata la sua vocazione?

«La mia vocazione è nata attraverso una lettura del Vangelo di Matteo, prima non ero neppure credente. C’è stato un “colpo di fulmine” durante una fase inquieta della mia vita. A sottolineare questa importanza della Parola di Dio, non solo per il sacerdote ma anche per i laici, il fatto che ho posto all’ingresso della Chiesa un leggio con sopra le Sacre Scritture».

Quale messaggio si sente di mandare, attraverso queste pagine, a parrocchiani e paesani?

«Che ogni abitante deve avere a cuore il bene di tutti, che si costruisce attraverso le attività parrocchiali, ma non solo. La Parrocchia deve fare squadra con tutte le altre forze in campo affinché ogni persona possa crescere umanamente e spiritualmente».

diego.vanni@collenews.it.

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