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L’editoriale – QUEI CONFLITTI IRRISOLTI NEL PD E LA REALTÀ. PARTITO E MODELLI ECONOMICI. LA NECESSITÀ DI DARSI DA FARE

L’editoriale I conflitti irrisolti. Un tema psicologico, ma anche politico. La situazione nel PD la conosciamo tutti; quello che accade a livello nazionale trova una corrispondenza speculare a livello locale: anche a Collesalvetti il Partito Democratico vede fratture al proprio interno: c’è chi ha una visione e chi ne ha un’altra. C’è n’è una giusta e una sbagliata? Oppure occorre fare sintesi fra le due anime (ammesso che sia possibile)? Conflitto irrisolto.

Ciò su cui non vi sono affatto dubbi è la realtà: una realtà drammatica, quella del nostro Paese (anch’essa trova una corrispondenza speculare a livello locale, colligiano), con giovani senza lavoro e nell’impossibilità di farsi un futuro, qualche famiglia che non ha casa, pensioni da miseria, precarietà… Sul politiche del lavoro, è scontro: Jobs Act o no? Voucher o no? Grande industria o no? C’è chi ha una visione e chi un’altra all’interno del PD. Va da sé che se si vuol rilanciare l’occupazione non si può dire no alla grande industria (che crea posti di lavoro), ma è altrettanto vero che essa, quando si insedia su di un territorio, deve non solamente ricevere, ma anche dare. E “dare” in proporzione a quel che ha. E qui ci si riallaccia all’altro tema: voucher o non voucher? Lo strumento è giusto o sbagliato a seconda di chi lo usa: la grande Spa che ha capitali su capitali e può permettersi di assumere, è assurdo che usi i voucher. Al contempo essi sono giusti per il piccolo bar o ristorante di paese, per fare un esempio, a gestione familiare, che se assumesse andrebbe verosimilmente incontro al tracollo finanziario. Grande industria, dunque, ok, a determinate condizioni. Voucher, ok, a determinate condizioni. Qualcuno accusa il PD di essere “il partito delle banche”, “un partito di affaristi”. Ecco, gli iscritti a questo partito devono far attenzione a questo: perché se è giusto dire sì alla grande industria che porta posti di lavoro, se può esser giusto salvare le banche (se questo significa salvaguardare correntisti e posti di lavoro), a fare (o dare l’impressione di fare) il passo un po’ più lungo della gamba basta un attimo.

Ecco allora che fra il comunismo e l’affarismo, ci sono vie intermedie. Una volta un assessore colligiano mi disse: «qualcuno nel mio partito ama la povertà». Il riferimento credo fosse verso la parte più a Sinistra del PD. Non so se davvero qualcuno ami la povertà, ma è sicuramente certo che con la povertà non si va da nessuna parte (occorre ricchezza per poter generare valore e ricchezza, ma quest’ultima deve essere equa ed equamente redistribuita). Parimenti, cosa ha portato il capitalismo sfrenato e senza etica, l’affarismo senza scrupoli, è sotto gli occhi di tutti. Non è pensabile, come è stato rilevato alla Festa de l’Unità di Vicarello in questi giorni, che «il 10% della popolazione detenga il 46% della ricchezza». Ecco allora che “il PD che vuol essere un partito moderno, non fuori dalla storia”, come vuole il segretario Matteo Renzi, non può essere ancorato a modelli economici del passato giudicati fallimentari dalla storia. Ma al contempo non può nemmeno essere un partito che incarna e difende a spada tratta questo sistema economico. Il conflitto irrisolto, forse, si risolve anche capendo questo.

Risolto il conflitto, se si risolverà, occorrerà poi subito mettere mano alla realtà: sul territorio colligiano c’è tantissimo da fare. E per fare questo, occorre una politica che lavora a pieno regime, infaticabile. Una politica che investe soldi pubblici per rilanciare la cosa pubblica. Perché, come è stato detto sempre alla Festa dem di Vicarello: «occorre un nuovo Piano Marshall». Il commercio stenta e anche la partecipazione della gente: il dibattito previsto per venerdì sera alla Festa de l’Unità vicarellese è andato deserto. E anche tante altre iniziative contano partecipanti sulle dita delle mani. Un operatore economico del territorio mi diceva nei giorni scorsi: «su questo territorio non attecchisce niente». Un padre di famiglia con figlio disoccupato il giorno della discussione in Consiglio Comunale della mozione del PD sul fascismo mi diceva: «mentre loro pensano a questo, noi non sappiamo come arrivare a fine mese». Per non parlare dei grandi operatori economici che col territorio hanno chiuso.

Morale della favola: economicamente e socialmente (pur fortunatamente con lodevoli eccezioni) il territorio colligiano dà segni depressivi e di distacco che non devono essere trascurati. Occorre agire, tanto e subito. Studiare ed inventare formule sempre nuove che rivitalizzino e arricchiscano. E occorre spendere, con oculatezza, ma spendere, investire soldi pubblici sul territorio perché la metastasi non si diffonda ancor di più. Chiaramente, sono le politiche internazionali e nazionali che fanno la differenza tangibile, ma qualcosa si può e si deve fare (subito) anche a livello locale. Premesso che in parte son due cose interconnesse (visto che parliamo del partito di governo), bisogna pur dire che del conflitto irrisolto interessa a pochi, del futuro della collettività, a tutti.

diego.vanni@collenews.it 

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