Foto1Collesalvetti – Domenica 26 gennaio, alle ore 21,15, presso la Sala Spettacolo, è andato in scena “C’era un’orchestra ad Auschiwitz”, presentato dalla “Alma Rosè associazione teatrale” ed interpretato da Annabella Di Costanzo ed Elena Lolli. Il testo teatrale è un riadattamento del libro “Ad Auschwitz c’era un’orchestra”, scritto da Fania Fenèlon.

 

Il racconto parte all’inizio del 1944 e si intreccia attorno alle vicende di due donne ebree. La prima, la stessa Fania Fenèlon (Annabella Di Costanzo), cantante e pianista, appena arrivata ad Auschwitz, che entra a far parte dell’unica orchestra femminile presente in tutti i lager. La seconda, Alma Rosè (Elena Lolli), grande violinista e nipote del compositore Gustav Mahler, che è stata chiamata a dirigere questa orchestra, nata con il compito di suonare per gli ufficiali SS.

 

In un contesto infernale, fatto di orrore e morte, l’atteggiamento e l’indole delle due protagoniste sono diversi. Fania decide di suonare non per passione, ma per salvare la propria vita. Si sforza di capire come tutto questo possa essere possibile, come possono essere conciliabili la musica e il progetto di sterminio di un popolo, come può essere possibile uccidere di giorno ed emozionarsi la sera ascoltando un concerto di musica classica.

 

Alma, invece, ha un atteggiamento duro e irreprensibile verso le orchestrali. La musica è sempre stato il suo mondo, fin da piccola, fin da quando, a tre anni, ha iniziato a suonare il violino. Questo suo gettarsi a capofitto nella musica, nella ricerca spasmodica dell’esecuzione perfetta, evidenzia la voglia della donna di pensare alla musica per non pensare ad altro, a quello che accade negli altri capannoni del campo.

 

Due caratteri quanto mai diversi. Da una parte la razionalità, dall’altra l’idealizzazione di una passione. Ma un unico fine: cercare di sopravvivere, pensando che un giorno tutto questo sarà finito. L’intrecciarsi delle due storie porta lo spettatore a riflettere, a non dimenticare, non solo in occasione della Giornata della Memoria del 27 gennaio. Perché questo spettacolo non è un semplice racconto, ma la riproposizione dei rapporti umani, delle angosce personali, del carattere di una persona che diviene istinto di sopravvivenza.