Chiesa gremitaGuasticce A 3 giorni dalla sua scomparsa, in quel terribile incidente stradale sulla 555 fra Guasticce e Stagno (leggi qui), tutta Guasticce si è riunita nella chiesa parrocchiale per dare a Roberto Pistoia l’ultimo saluto. Le esequie sono state celebrate dal parroco, don Giorgio Splendido, in una chiesa gremitissima e ciononostante insufficiente a contenere le tante persone che stamattina hanno voluto esserci per essere accanto a Roberto ancora una volta, per l’ultima volta. Tanto che il sagrato e parte del piazzale antistante la chiesa sono stati letteralmente invasi, al pari della chiesa stessa.

 

 

20140823_110618Una mattinata piovosa ha fatto da cornice al triste evento a cui ha partecipato anche il Sindaco Bacci, compagno di partito del defunto, cui il proprio circolo di appartenenza aveva voluto  ieri, dalle pagine di questo giornale, esprimere il proprio cordoglio, la propria vicinanza alla famiglia, la propria stima e affetto per Roberto (leggi qui). Nella sua omelia, il parroco di Guasticce ha ricordato come sia «difficile accettare certe situazioni», ma anche come, in questa circostanza, «siamo tutti uniti nella fede, nella speranza e nella carità». «I fiori appassiscono; le lacrime si asciugano; rimane la preghiera», ha concluso il parroco nella sua brevissima omelia.

 

 

Paolo Schiavon

Paolo Schiavon

IL RICORDO DELL’AMICO, PAOLO SCHIAVON

A dipingere il ritratto di Roberto, è l’amico Paolo Schiavon. «Ricordo Roberto come una persona dotata di una grande curiosità, sia sulle cose politiche che su quelle sociali e culturali. Un uomo che aveva ottenuto il riscatto sociale. “Sono nato contadino – diceva – e muoio dottore”. Ma lo diceva senza spocchia. Una rivincita sulla vita, la sua, più che un gesto di superbia nei confronti degli altri. Dopo l’incidente che aveva avuto nel 2010 sull’Emilia – era stato investito da un’auto mentre era in bicicletta – la sua vita cambiò. Questo gravissimo incidente gli fece apprezzare di più l’esistenza, lo stimolò a migliorarsi. Diceva che questo evento traumatico lo aveva liberato dai suoi freni inibitori. Un episodio che lo faceva sentire quasi in dovere di partecipare attivamente alla vita sociale e pubblica».

 

«Dalla politica al nuoto – racconta ancora Schiavon – erano tante le cose che lo appassionavano. Ma, ripeto, le due cose che reputo più significative in lui sono la sua curiosità e il riscatto sociale ottenuto con la laurea. Una cultura, la sua, che però non faceva mai pesare. Se uno diceva uno strafalcione, lui non te lo faceva notare. Parlavamo recentemente, com’è immaginabile, piuttosto spesso del conflitto israelo-palestinese e, su alcune cose storiche qualche strafalcione mi è scappato – me ne sono reso conto dopo – ma lui, sul momento, non me lo ha fatto notare».

 

«E poi… quella grande  passione per la bicicletta. Ci andava 1 o 2 volte la settimana. Questo sport contribuì a fargli superare alcune problematiche insorte con l’incidente. Ricordo che gli dicevo sempre: “Tu stai pure dietro di me, tanto, con quella voce, se mi chiami, ti sento”. Sabato sera era a cena a casa mia; talvolta uscivamo con le rispettive mogli. Ricordo anche che si era prodigato  per la causa degli esodati. La nostra era un’amicizia intellettuale, non so se mi spiego… Non come quelli che fanno le calcettate assieme».