Collesalvetti Libera Camici è vicesindaco del Comune di Collesalvetti. Nonostante il suo sindaco, Lorenzo Bacci, sia renziano della prima ora, lei non ha esitato a fare una scelta di campo diversa, schierandosi in queste primarie PD a favore di Andrea Orlando. E in questa intervista a Collenews spiega il perché di questa scelta. Parla delle persone che «sono arrabbiate e deluse» e di Orlando come di «colui che più di ogni altro può ricondurre il partito ad essere soggetto attivo nella società che cambia, capace di ascoltare, di rappresentare i bisogni delle nostre comunità, del Paese, di quella parte che ci sostiene e ci ha sempre sostenuto e di quella parte invece che si è allontanata perché ci ha sentito sordi e distanti». Mentre su Renzi non ha dubbi: al di là della «folle personalizzazione del referendum da parte sua», per la Camici, l’ex premier rottamatore «ha raccontato di chi ce l’ha fatta, dimenticandosi di chi non ce la fa». «Con lui il PD ha fallito: sono aumentate le percentuali della Lega Nord e del Movimento 5 Stelle. Con lui, abbiamo perso le amministrative, le regionali e il referendum». «Anche le parti che storicamente ci sostenevano hanno smesso di farlo e se la prospettiva di governo fosse un accordo con Berlusconi (che Renzi non ha escluso), anche lo zoccolo più duro del nostro elettorato non ci perdonerebbe e questo si, determinerebbe un vantaggio per i Cinque Stelle».
Vicesindaco Camici, lei si è schierata col ministro Andrea Orlando per queste primarie PD 2017. Ci spiega il perché di questa scelta? Cosa la convince di più di questa candidatura?
«Ho scelto da subito di sostenere Andrea Orlando perché credo che più di ogni altro possa ricondurre il partito ad essere soggetto attivo nella società che cambia, capace di ascoltare, di rappresentare i bisogni delle nostre comunità, del Paese, di quella parte che ci sostiene e ci ha sempre sostenuto e di quella parte invece che si è allontanata perché ci ha sentito sordi e distanti. Quella di Orlando è una candidatura in grado di riportare al centro dell’azione politica del PD quei valori che sono stati alla base della sua nascita. Abbiamo bisogno di un segretario che faccia il segretario, di un segretario che non rappresenti l’uomo solo al comando, bensì un punto di riferimento di una nuova classe dirigente del partito, di un segretario disponibile all’ascolto, di un segretario capace di fare sintesi nel rispetto delle diverse idee e sensibilità».
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Punti deboli, invece?
«Sinceramente non vedo punti deboli nella proposta politica di Orlando, ma se proprio una debolezza vogliamo ricercarla, questa sta nel fatto che Orlando e la sua proposta politica sono meno conosciute dalla gente rispetto a Renzi. I tempi contingentati del congresso e i mancati confronti non hanno permesso di rappresentare al meglio le idee e i progetti che essa contiene».
Come cambierebbe il Partito Democratico a guida Orlando?
«Primo fra tutti, il fatto di avere un segretario a tempo pieno, che si occupi del partito. Il calo degli iscritti in questi ultimi anni ci dice quanto avremmo bisogno di questo. Nella solo Livorno e provincia dal 2013 al 2017 abbiamo perso circa 1300 iscritti. Un partito in cui la selezione dei gruppi dirigenti avviene sulla base delle capacità e del merito e non sulla base dell’appartenenza e fedeltà. Di questo avremmo bisogno. Di un partito più aperto al confronto con la società, con le parti sociali, con il mondo del lavoro, con i giovani. Di un partito che guarda ad un centrosinistra, non come mera sommatoria delle sigle dei singoli partiti, ma come soggetto in grado di attrarre grandi parti della società e quegli elettori che abbiamo perso per strada, perché solo un centro sinistra unito e capace di dialogare può garantire il necessario argine alle destre e al populismo».
Cosa la scontenta della leadership di Renzi?
«Il fatto che non si sia occupato del partito, la sua incapacità all’ascolto, la sua incapacità di fare sintesi, la sua intolleranza al pensiero diverso, la sua narrazione del paese: perché ha raccontato di chi ce l’ha fatta e si è dimenticato di chi invece non ce la fa. Mi scontenta il fatto che cresciamo meno del resto dell’Europa, il fatto che abbiamo una disoccupazione tra le più alte d’Europa, il fatto è cresciuto il numero delle famiglie in soglia di povertà. Nei tre anni di governo e di guida del partito da parte di Renzi, il PD che avrebbe dovuto fare da argine alle destre e al populismo ha fallito la sua missione, il populismo è cresciuto, sono aumentate le percentuali della Lega Nord e del Movimento 5 Stelle».
Lei è vicesindaco del Comune di Collesalvetti e si è schierata per Orlando, mentre il sindaco è renziano della prima ora. Una scelta impegnativa la sua; le è costata molto? Pensa che pagherà un prezzo politico per questo?
«Assolutamente no, non costa mai quando facciamo scelte nelle quali crediamo. Non è da oggi che io e il sindaco abbiamo visioni diverse: nei precedenti congressi ho sostenuto Bersani, poi Cuperlo e oggi Orlando e questo non ha impedito al sindaco di volermi come vicesindaco e non ha impedito la condivisione del progetto di governo del nostro territorio che in questi anni abbiamo portato avanti. Non c’è da pagare nessun prezzo politico: il PD nasce come un partito plurale con diverse idee e sensibilità, che hanno rappresentato fino ad oggi una ricchezza e per le quali mi batterò affinché rimanga così».
Quando parla per strada con la gente comune cosa viene fuori? Cosa le dicono le persone di Renzi, Orlando, del PD…? Cosa si aspetta il popolo?
«Le persone sono arrabbiate e deluse, pensiamo davvero che nella sconfitta del referendum costituzionale abbia pesato solo la riforma costituzionale o non è stato questo piuttosto un disperato grido di dolore di un popolo che sperava in una svolta, che non l’ha avuta e che quindi ha votato contro? Si crede veramente che il voto contrario al referendum, sia stato sul superamento del bicameralismo o sull’abolizione del CNEL?! Non prendiamoci in giro, perché al netto di una folle personalizzazione da parte di Renzi di quel referendum, nessuno ha avuto la forza di dare una prospettiva nell’azione di governo, nella quale di fatto si chiedeva, di esprimersi all’Italia. Le persone si aspettano che qualcosa cambi, si aspettano che il PD torni ad essere un partito che parla alla gente dei problemi della gente, che torni laddove ci sono i problemi non per cavalcarli ma per risolverli».
Pensa che un’ipotetica vittoria di Renzi avvantaggerebbe i Cinque Stelle, addirittura da spalancar loro la porta di Palazzo Chigi?
«Credo purtroppo di sì, con Renzi si perde e questo non è uno slogan. Dopo la vittoria delle europee abbiamo perso le amministrative, le regionali e il referendum; anche le parti che storicamente ci sostenevano hanno smesso di farlo e se la prospettiva di governo fosse un accordo con Berlusconi (che Renzi non ha escluso) anche lo zoccolo più duro del nostro elettorato non ci perdonerebbe e questo si, determinerebbe un vantaggio per loro».