Guasticce «Quei dossi sono illegittimi e inopportuni; arrecano danno alle abitazioni». Questo il succo della protesta di alcuni residenti, che in una lettera depositata in Comune avevano manifestato tutto il loro malcontento (leggi qui). Già! Peccato che non siano dossi. Se sulla questione era già intervenuto l’assessore ai lavori pubblici, Roberto Menicagli («furono richiesti dai cittadini»), adesso Collenews, per gli aspetti più tecnici, è andato ad intervistare il comandante della Polizia Municipale del Comune di Collesalvetti, Paolo Cecconi.
Che smonta subito tutta la querelle che era stata innescata da alcuni residenti circa alcuni requisiti di legge di cui non si sarebbe tenuto conto. Zona residenziale, limiti di velocità, itinerari preferenziali, erano diversi gli aspetti tecnici rilevati nella lettera di alcuni paesani. «Tutte cose giuste – precisa il comandante – ma se stiamo parlando di dossi. E non è questo il caso. Il manufatto in questione è un attraversamento pedonale rialzato». «C’è una notevole confusione su questo: agli occhi di tutti sono due cose identiche, ma giuridicamente sono due cose ben distinte». Pertanto, «si può forse discutere sull’opportunità, ma non sulla legittimità». «I dossi rallentatori sono in plastica e di varie altezze e per vari limiti di velocità – spiega Cecconi – Fanno parte della segnaletica complementare e sono disciplinati dal regolamento di esecuzione del codice della strada (il D.P.R. 495/1992). Questi, però sono attraversamenti pedonali rialzati, disciplinati da tutt’altro articolo del DPR e sono presenti anche a Collesalvetti su Via Roma, a Vicarello su Via Marconi e a Stagno su Via Marx».
La storia di questi manufatti «Questi manufatti sono nati – spiega il comandante – intorno al 2006, più che altro nelle località turistiche della riviera romagnola. Il Ministero dei Trasporti nel 2008 scrisse una circolare per specificare che queste opere non devono essere confuse con i dossi di rallentamento della velocità». Una risposta chiara ai sottoscrittori della lettera, che però, dosso o altro che sia (il nome e la natura giuridica della cosa li interessa poco), continuano a lamentare la sussistenza di danni alle abitazioni in prossimità del manufatto, «dovuti – ritengono – alle vibrazioni causate soprattutto dal passaggio dei mezzi pesanti». Su questo, Cecconi risponde loro che «è la stessa nota del 2008 a stabilire che l’ente proprietario della strada si assume la responsabilità di eventuali danneggiamenti». Certo è che «se loro ritengono di aver subito delle lesioni alla casa devono commissionare una perizia che evidenzi il nesso di causalità fra il passaggio dei mezzi sull’attraversamento rialzato e il danno». In altre parole, se si vuole ottener qualcosa, va tutto dimostrato.
La disinstallazione dell’autovelox e l’apposizione dell’attraversamento rialzato Ma perché furono apposti questi attraversamenti pedonali rialzati lungo Via Sturzo? «La cosa – spiega il numero uno della Polizia Municipale colligiana – fu concordata con la Provincia per garantire maggiore sicurezza all’abitato di Guasticce quando la direttiva Maroni abolì gli autovelox in postazione fissa. Abolito quello che si trovava all’ingresso del paese, lato Vicarello, quel tratto di strada rischiava di essere un invito all’alta velocità. Non così, l’ingresso lato Stagno per il quale la rotatoria stessa fungeva da rallentatore di velocità. Ma dall’altro lato, occorreva intervenire. Così, nel 2008 presentai una relazione alla Giunta in cui indicai i punti in cui, nelle varie frazioni, avrebbero dovuto essere apposti questi attraversamenti pedonali rialzati».
L’interesse generale e quello del singolo Infine, il comandante ci tiene a ribadire quella che è la logica che deve animare ogni Pubblica Amministrazione: l’interesse della collettività prevale su quello del singolo. E fa un esempio: «è come la questione dei cassonetti della spazzatura: nessuno li vuole davanti a casa propria, ma da qualche parte devono pur stare per garantire un servizio essenziale alla cittadinanza. Idem per questa questione. Capisco i disagi dei singoli, ma si deve tutelare anzitutto l’interesse generale della comunità alla sicurezza».
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