Guasticce Una cena d’addio – o meglio, un arrivederci pieno di speranza – per salutare affettuosamente Don Samuel Cavalcante, il sacerdote brasiliano che ha accompagnato la comunità guasticciana negli ultimi tre mesi. È quanto organizzato dai parrocchiani, ieri sera, nello spazio antistante la Canonica. L’incontro, che ha visto la partecipazione di numerosi fedeli di tutte le età, si è svolto in un’atmosfera calorosa, sotto tendoni colorati e girasoli che adornavano l’area. Le portate preparate con cura dai membri della parrocchia (in omaggio al sacerdote, di cucina tipica brasiliana), sono state condivise tra tutti i presenti, testimonianza tangibile di una comunità unita nell’amore fraterno.
Don Samuel Cavalcante ha raccontato con emozione a Collenews.it il suo percorso. «Sono stato 8 anni a Roma, poi sono rientrato in Brasile per 10 mesi e ora sono di nuovo qua, dove sono rimasto per tre mesi». Questi mesi a Guasticce sono stati per lui un periodo breve ma intenso, in cui il sacerdote ha cercato di portare speranza e serenità ai parrocchiani.
Don Samuel Cavalcante ha raccontato con emozione a Collenews.it il suo percorso: «Sono stato 8 anni a Roma, poi sono rientrato in Brasile per 10 mesi e ora sono di nuovo qui, dove sono rimasto per tre mesi». Questi mesi a Guasticce sono stati per lui un periodo breve ma intenso, in cui ha cercato di portare speranza e serenità ai parrocchiani.
L’INTERVISTA
Don Samuel Cavalcante
Padre, cosa le ha lasciato questa esperienza, pur breve, alla Parrocchia di Guasticce?
«Ho cercato soltanto di essere prete, di essere presente nella vita delle persone, nelle cose semplici, rimanere accanto ad una persona malata, impartire benedizioni, celebrare i sacramenti con devozione e attenzione. Il segno che vorrei aver lasciato è quello di aver portato un po’ di speranza nel quotidiano. Tante, troppe, persone della comunità quando sono arrivato nutrivano un senso di smarrimento, avevano tante domande e si sentivano prive di una guida spirituale fissa che potesse radicarsi nella comunità. In questo breve periodo ho cercato di portare, come ho potuto, un po’ di serenità e pace e, allo stesso tempo, di ravvivare un po’ la speranza di queste persone».
C’è un evento o un episodio che le è rimasto particolarmente impresso?
«L’ho vissuto nella Festa di San Ranieri. In quell’occasione ho visto una comunità che capace di organizzarsi, che sa vivere insieme, nella cena e nelle attività che hanno strutturato collettivamente. Ho percepito un senso di un unità e un desiderio di vicinanza, che mi ha profondamente toccato. Inoltre, ci sono stati i piccoli momenti, quelli in cui le persone decidono di avvicinarsi e aprire il proprio cuore, condividendo con me le proprie preoccupazioni. Questo mi ha fatto capire quanto sentano ancora l’importanza di una guida spirituale nel loro percorso di vita.
Che ricordo si porterà dietro delle varie realtà o gruppi parrocchiali (Chierichetti, Cantori, Suonatori, Azione Cattolica, Scout), etc…?
«Purtroppo è stato un periodo particolare perché sono arrivato qui proprio all’inizio dell’estate, quando stavano terminando il catechismo e le scuole. Però, nel periodo iniziale ho avuto modo di apprezzare una bella partecipazione. Ci sono state poi figure che mi hanno sempre accompagnato lungo il cammino, come Diego, che ha sempre donato la sua presenza nel servizio della Messa, nella musica Liturgica e nei Canti. Ci sono state anche riunioni con gli Scout e l’Azione Cattolica, dove ho potuto sperimentare una comunità viva e attiva».
Quale è il messaggio che vorrebbe lasciare impresso nei cuori dei parrocchiani e della popolazione, alla vigilia della partenza?
«Ho cercato di trasmettere questo senso di coraggio e di non fermarsi davanti agli ostacoli che non sono evitabili. A volte le persone perdono di vista le bellezze della vita per immobilizzarsi di fronte ad un ostacolo, smettendo di guardare a ciò che si trova oltre. Devono invece avere il coraggio di affrontare lo sconforto e proseguire avanti. ‘Non abbiate paura‘, ha detto tre volte Gesù ai suoi discepoli, prima di inviarli alle pericolosità del mondo. E ‘non abbiate paura‘ disse Giovanni Paolo II nel suo primo discorso da Pontefice. Aprendo le porte a Cristo non dobbiamo avere paura».
La serata si è conclusa con un momento di preghiera collettiva e con l’abbraccio simbolico della comunità a Don Samuel, che ha promesso di portare con sé il ricordo di Guasticce nel cuore, augurando a tutti di continuare a camminare nella fede e nella speranza.
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