Collesalvetti Il 2020 – ormai lo sappiamo bene tutti – è un anno particolare: la pandemia del coronavirus ha sconvolto tutti, causando sofferenze in primis per l’aspetto sanitario, ovviamente. C’è poi la dimensione economica: in Italia, come nel mondo e nella fattispecie anche nella nostra Toscana, tante le imprese in crisi, soprattutto in certi settori. Un problema per le imprese stesse, per i loro lavoratori, per le famiglie di questi ultimi che su quei redditi facevano conto per un’esistenza dignitosa, per dare un futuro ai propri figli.

Perché i dati macroeconomici sono interessanti per gli addetti al settore, ma poi (anzi: prima) ci sono le famiglie, con bocche di figli piccoli (e meno piccoli) da sfamare. È a queste che chi governa deve guardare, a partire dalle istituzioni europee, fino ai governi degli Stati nazionali, a quelli delle regioni, scendendo fino ai livelli più capillari. “Reggere il colpo della pandemia” senza ripercussioni sociali devastanti deve essere il motto di riferimento in questa fase. Perché i dati macroeconomici possono interessare, anche giustamente e a vari livelli, le stanze dei Ministeri. Poi c’è la vita vera, che si articola nella dimensione familiare. Il velocissimo mutare degli scenari economici, la globalizzazione, il progresso nei vari settori… Tutto questi fenomeni devono potersi dispiegare senza che i loro contraccolpi e il loro peso si scarichino sulle fasce più deboli e fragili della società.

Società che vive di beni materiali, ma non solo. E qui vengo a toccare l’ultimo punto, che riguarda specificatamente il territorio colligiano. Un territorio che si è caratterizzato nel tempo soprattutto per la dimensione sociale, aggregativa (non è che ci sia molto altro da registrare). Sono diversi gli eventi aggregativi a cui la nostra zona ha dovuto rinunciare per evitare un ulteriore aggravarsi della situazione pandemica. E ad oggi la lista degli “eventi cui bisogna rinunciare” non è ancora conclusa. Certamente, rispetto agli aspetti sanitari ed economici, una dimensione secondaria, ma non certo irrilevante. In primis, infatti, il pensiero deve andare a chi è stato toccato dalla sofferenza della malattia e alle rispettive famiglie, così come a chi ha visto diminuire significativamente le proprie sostanze necessarie per un’esistenza dignitosa. Ma in ultima battuta, sul nostro territorio, tocca anche registrare questo ulteriore impoverimento. La speranza – c’è un immenso bisogno di parole di speranza, oltre che di responsabilità – è che, una volta trovata la soluzione definitiva, possa finire questa (pur in una certa misura comprensibilepaura dell’altro anche il nostro territorio possa tornare a godere di quell’aggregazione che caratterizza e vivifica il tessuto sociale.

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