
Giovanni Ughi
Guasticce Una preziosa testimonianza sull’inferno dei campi di concentramento tedeschi, proveniente dal territorio colligiano. Nel 72° anniversario dalla liberazione del campo di sterminio di Auschwitz il guasticciano Giovanni Ughi racconta attraverso le pagine di Collenews la storia della sua prigionia dalla cattura avvenuta ad Alessandria fino al suo arrivo a Guasticce, luogo dove si erano rifugiati i suoi familiari. In molti hanno reso omaggio a Ughi per questa sua esperienza. Ughi ha infatti ricevuto alcune onoreficenze da personaggi di spicco della politica italiana come l’Ex Presidente della Repubblica Sandro Pertini e dall’ex ministro e Presidente del Consiglio Giovanni Spadolini.

I cimeli in casa Ughi, fra cui l’omaggio del Presidente Pertini
«Ma anche i tempi successivi non furono migliori – ha continuato il guasticciano – Gli ultimi otto mesi della mia prigionia ad esempio li ho passati in un campo a fare il boscaiolo. Ogni giorno bisognava abbattere almeno cinque abeti di grosse dimensioni per coppia. Le condizioni nelle quali dovevamo lavorare anche lì erano terribili: ad un certo punto infatti ricordo che rimasi senza scarpe e calzini e mi dettero degli zoccoli di legno, tipo quelli olandesi, che ho usato per mesi e mesi lavorando con i piedi praticamente immersi nella neve poichè, lavoravamo a circa 800 metri di altezza sul livello del mare con temperature che in inverno spesso toccavano i 15 gradi sotto zero. I turni di lavoro duravano circa 12 ore al giorno e noi eravamo costretti a lavorare mezzi nudi, con indumenti non adeguati al rigido clima tedesco e a mangiare una volta al giorno con un litro di zuppa di barbabietole e 250 grammi di pane con un po’ di margarina o di melassa».

Ughi con i bambini della scuola di Guasticce
Il ritorno a Livorno e l’incontro con la famiglia «Da Bolzano – conclude il suo racconto il reduce guasticciano – in treno arrivammo fino a Firenze. Arrivati nel capoluogo toscano, appresa la notizia che volevano metterci in quarantena, decidemmo di fuggire e di tornare verso Livorno in autonomia. Ricordo come se fosse ieri che quando arrivai in piazza Grande a Livorno non c’era più nulla. Io ero completamente spaesato, non sapevo dove andare e sopratutto che fine avesse fatto la mia famiglia. Mio padre aveva due bar-pasticceria a Livorno e un suo cliente mi riconobbe e mi disse che i miei familiari stavano bene e che stavano a Guasticce. Così, mi accompagnò fino a Stagno dove trovai tre donne. Gli chiesi quanta strada c’era da fare per arrivare a Guasticce, dato che non c’ero mai stato. Queste vollero sapere chi ero e una volta fatto il mio nome dissero che conoscevano mio padre, e che a breve sarebbe passato da Stagno in quanto poco tempo prima era partito in motocicletta per andare a Livorno. Così rimasi in compagnia di queste signore che mi accolsero in casa loro fino a quando mio padre non venne fermato da un signore che abitava nella stessa zona, che gli disse che ero ritornato e che mi trovavo a Stagno. Appresa la notizia, mio padre, lasciò subito la motocicletta e corse ad abbracciarmi. Ricordo che mi stringeva, mi tirava i capelli come se quasi non gli sembrasse vero che fossi lì con lui. In seguito ci incamminammo verso Guasticce. Mio padre mi scaricò in cima al paese perchè voleva dire a mia mamma in tutta tranquillità del mio ritorno. Lei soffriva di cuore e mio padre volle fare così per evitare che vedendomi le venisse un colpo. Così mi incamminai a piedi, ma una volta arrivato in paese potei riabbracciare mia madre e mia sorella, che ad un primo impatto, dopo anni di assenza stentavo quasi a riconoscere poiché l’ultima volta l’avevo vista era molto piccola. Ricordo ancora che per me fu una gioia immensa, indescrivibile».
Mercoledì scorso Ughi è stato ospite della scuola di Guasticce per raccontare la sua esperienza ai bambini.
