L’editoriale É un’estate calda per la politica colligiana; la polemica infatti non è (ancora?) andata in ferie. Vari sono i fronti aperti. L’ultimo in ordine di tempo il post pubblicato sulla pagina Facebook dell’Unione Comunale del Partito Democratico (leggi qui) nel quale si mostrava una foto del Municipio livornese a porte chiuse e una di quello colligiano a porte aperte. Un post dal quale è scaturito un dibattito dalla verve polemica molto spiccata. Ma non è questo, appunto, l’unico fronte polemico.
A far discutere animatamente anche la mancata discussione in Consiglio Comunale di un documento sull’incidente di Viareggio. Un documento posto all’attenzione dei capigruppo da Rifondazione Comunista (leggi qui), ma che non è stato appunto discusso durante l’ultima seduta. Il PD infatti ha votato contro l’urgenza e l’Aula non ha discusso nel merito. Un fatto che ha creato disappunto sia nella stessa Rifondazione Comunista con Benedetti che ha detto: «grave perdere questa occasione. Se qualcuno pensa si possa modificare o edulcorare…» sia nel Movimento Cinque Stelle. Il capogruppo pentastellato Daniele Rossi aveva lanciato un monito: «in casi in cui il giudizio è vicino a prescrizione, l’appoggio che si presume dovrebbe arrivare dall’approvazione di queste parole deve arrivare il prima possibile». Anche se la consigliera PD Delia Menicagli a nome del suo partito aveva puntualizzato: «non abbiamo la possibilità, purtroppo o per fortuna, di interagire sulle prescrizioni». A tutto questo si aggiungono le polemiche su tematiche di tipo ambientale e sul prossimo referendum sulle riforme istituzionali del Governo Renzi.
Le critiche all’attività politica Le considerazioni che si possono fare su quanto sta accadendo, sull’innalzamento della temperatura del termometro politico colligiano, sono molteplici. Sul merito e sul metodo del dibattito. Nel merito, una prima considerazione, lapalissiana, ma il cui concetto di fondo sembra non esser così chiaro, talvolta: quando si fa politica, ci si attirano addosso critiche di ogni sorta. É connaturato all’attività politica stessa. Talvolta sono critiche pretestuose, talvolta hanno una base oggettiva più sostanziosa. Ma tant’è: le critiche quando si fa politica, arrivano. Arrivano dall’opposizione all’indirizzo della maggioranza e viceversa. E spesso anche dalla società civile. Se non si accettano, meglio dedicarsi ad altro. Il Movimento Cinque Stelle critica il PD, il PD il Movimento Cinque Stelle e chi è fuori dai partiti critica PD e Movimento Cinque Stelle e altri ancora. Normale amministrazione. Ciò che il politico (di qualunque colore), in questo caso colligiano, può fare in risposta a queste critiche è portare come prova del suo buon operato atti ufficiali (salvo il mare magnum dell’interpretazione degli stessi, che è capitolo a sé stante) ed evitare di scendere in personalismi perché questo trascina la discussione ad un livello che rende insofferente buona parte dell’opinione pubblica.
Atti ufficiali e post sui Social Network Già, atti ufficiali. E qui si scende nel metodo. Questi spesso sono lunghi, in burocratese, presuppongono nozioni di varia natura e quindi… un post su di un Social Network è più sintetico, bypassa il gergo burocratico, non presuppone nozioni di alcun tipo. Ne fanno uso pressoché tutti: lo fa il Movimento Cinque Stelle, lo fa il PD, etc… Ma è davvero utile il post fotografico semplicistico sui Social Network?! Forse consolida i rispettivi elettorati, forse strappa qualche voto in più (magari finché non l’utente non ne vede uno di segno opposto), ma tutto si esaurisce qui. Presupponendo (non sempre a torto, per la verità) una certa pigrizia intellettuale dell’elettorato medio, si bypassa l’ostacolo rendendo il tutto più facilmente fruibile ed immediato, ma manca l’approfondimento. E si lascia il lettore/elettore nel limbo: «ma sarà vero?!», si chiedono in tanti. «Che valore avrà mai quel post fotografico (dem, pentastellato, forzista, leghista o comunista che sia)?!», si domanda tanta gente. E dall’altro lato il politico si chiede: «È giusto che io stia qui sui Social Network a rispondere a tutti? È giusto fare qui certe discussioni?»
La ricetta e la ricerca di un “nuovo sistema” Va premesso che in democrazia il politico risponde al popolo, sempre. Per questo, entro certi limiti ovviamente, è giusto che l’eletto “perda tempo” (che poi non è così) a rispondere alle persone anche sui Social. In un’epoca in cui la distanza fra la gente comune e la politica è sempre maggiore, è giusto agire in questo modo. Ovviamente la discussione non può però esaurirsi su Facebook o Twitter. Non a caso si rimanda sempre alle “sedi istituzionali”. Giustissimo, però forse occorre andare anche un po’ oltre il Consiglio Comunale. E sicuramente le occasioni di dibattito pubblico (anche, se non soprattutto, con chi non la pensa come noi) sono un’occasione importante di crescita, di approfondimento e di interfaccia vis-à-vis (visto che si critica sempre la lamentela da tastiera) da non snobbare assolutamente. Detto questo, la ricetta per cercare di bypassare completamente i post semplicistici sui Social sembra non ci sia ancora e non sarà semplice elaborarla. Anche perché presuppone tante cose l’andare oltre: il livello di istruzione della popolazione (e comunque non tutti possono intendersi approfonditamente di tutto, né mai potrà accadere); il buon lavoro dei cronisti (libero e obiettivo) e altri aspetti ancora. La politica deve fare però la sua parte e sforzarsi di fare un buon servizio comunicativo per la gente. Un lavoro lungo e complesso. Che va fatto con disinteresse, non per ottenere più voti nel lungo periodo (ammesso che il post banale sui Social ne porti nel breve), ma per far sì che la gente abbia tutti quegli elementi oggettivi per poter ragionare nel merito delle singole questioni, al di là del Diavolo e dell’Acqua Santa, categorie che è meglio la politica lasci al campo della religione. Per far sì che quando vota, la gente compia una scelta consapevole. Riuscirà la politica ad andare oltre il concetto di “voto utile”, verso il “voto consapevole”?
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