Guasticce Dopo lo scioglimento dell’Istituzione Schumann votato dal Consiglio Comunale (leggi qui), questo ente non sarà più comunale. Il Maestro Mario Menicagli, che ne è stato direttore per 20 anni, intervistato da Collenews non vede questo passaggio come una conclusione, si augura anzi che si tratti solamente di una cambiamento a livello giuridico, di struttura formale e annuncia che il corpo docente si organizzerà per partecipare al bando che verrà emanato e che porterà alla privatizzazione dell’Istituzione.
Dopo 20 anni come direttore della Schumann, si chiude questa parentesi di storia colligiana: l’Istituzione dall’anno prossimo non sarà più comunale. Come sta vivendo questo passaggio?
«La vivo anche con un pizzico di orgoglio, devo essere sincero, perché quando un ente pubblico com’era la Schumann fa un passaggio di questo genere, per motivi più che validi e anche condivisi e riesce a farlo senza traumi e ripercussioni, significa che il percorso è stato giusto; sfido qualunque ente pubblico, qualunque istituzione o partecipata a chiudere i battenti da un giorno all’altro senza avere dei grossi problemi, lo stiamo vivendo qui vicino a noi. L’istituzione Schumann è stata messa in grado di non subire grosse ripercussioni neanche quando ci sono stati tagli ai fondi parecchi sostanziosi. Ricordo che nel 2010 passammo al 50% dei contributi; penso che nessuno o pochi se ne siano accorti, non ci sono state forme di protesta. Laddove negli enti pubblici qualcuno ha fatto il passo più lungo della gamba, quel qualcuno si è trovato in difficoltà, mentre noi ci siamo sempre adeguati a quello che avevamo, mantenendo i piedi per terra e sapendo che da un giorno all’altro le cose potevano cambiare. Avendo agito in questo modo, la Schumann sopravviverà anche a questo passaggio così importante».
E dal punto di vista emotivo?
«Mi dispiace, ma non la vedo come una conclusione. Spero veramente che si tratti solamente di una cambiamento a livello giuridico, di struttura formale. Questo non fa venir meno l’aspetto sociale della Schumann, che è quello più importante: dare la possibilità di dare a tutti la possibilità di frequentare a basso costo i corsi di musica, cosa che l’Istituzione Schumann ha sempre garantito, basta vedere anche i numeri dell’accesso ai corsi».
Cosa ricorda con maggior piacere di questi due decenni di direzione della Schumann?
«Di primo acchito, dico una corse forse banale: il fatto che in 20 anni non c’è mai stata una polemica fra gli insegnanti. Forse uno o due episodi di attrito, ma confrontandolo con ciò che succede di solito in questo tipo di ambienti, credo la Schumann sia un fiore all’occhiello. Sotto il profilo prettamente artistico, il Festival Mascagni d’estate dal 2001 al 2007 credo sia stato un vanto importante; il primo ed unico festival veramente dedicato a Mascagni di tutta Italia. L’ultima cosa che ricordo con piacere è Open Opera dello scorso anno, che continueremo anche quest’anno».
E adesso quale futuro si prospetta per l’Istituzione?
«Mi auguro una garanzia di continuità, almeno negli aspetti fondamentali e quindi che non venga a mancare una programmazione, l’accessibilità a tutti, la diffusione della musica nelle scuole elementari che stiamo portando avanti, l’entusiasmo che ci ha sempre caratterizzato. E c’è una cosa di cui vado fiero e di cui deve andar fiera anche l’Amministrazione Comunale: il fatto che la Schumann, pur essendo stata ente pubblico, non sia mai stata una bandiera politica per nessuno; un fiore all’occhiello di qualche politico, lo è stato dell’Amministrazione Comunale».
È fiducioso che alla fine si troverà un gestore?
«L’attuale struttura scolastica, il corpo docente si organizzerà e parteciperà al bando per garantire una continuità. Un problema tecnico ha impedito di chiudere al 31 dicembre ed è stato anche un bene perché chiudere a metà anno non sarebbe stato positivo. Il mio incarico finisce al 31 dicembre 2015, però sono stato invitato dall’Amministrazione Comunale a proseguire per 7 mesi per arrivare a conclusione. Farò questo in maniera assolutamente gratuita e ci mancherebbe! Dopo 20 anni… La stagione musicale di quest’anno avrà luogo grazie a sponsor che mi sono adoperato a trovare personalmente; ci sarà Open Opera, un master internazionale di altissimo livello, il concerto di capodanno, la Notte Clara, la Giornata della Pace….».
L’assessore alla cultura, riferendo in Consiglio Comunale, ha motivato questo passaggio parlando di scarsità di risorse finanziarie, ma anche di un mutato quadro normativo. È giusto, secondo lei, che non esistano più istituzioni comunali?
«L’Istituzione Comunale di Collesalvetti è unica in Italia per quanto riguarda la specificità culturale. A Imola otto anni fa ci fu un congresso nazionale sulle varie forme di gestione delle scuole di musica e furono invitati il Testaccio di Roma che è la scuola associativa più importante d’Italia, la Scuola Civica di Milano, quella più antica d’Italia e l’Istituzione Comunale “Clara Schumann” perché era l’unica con questa forma giuridica. Abbiamo sempre tenuto i piedi per terra: non abbiamo dipendenti, ma non perché siamo contro il lavoro dipendente, ma perché ci siamo sempre accorti che era una situazione che poteva interrompersi da un momento all’altro; soldi ce ne son sempre meno. Credo che tutto ciò che svincola un po’ dai contributi pubblici…»
Ecco, ha anticipato la mia domanda. Volevo appunto chiederle se pensa che la cultura, il business della cultura (nella fattispecie musicale) possa vivere di vita propria, senza fondi pubblici, ma mi sembra di capire di sì, che pensi sia così, che sia sano che sia così.
«I fondi pubblici dovrebbero servire ad ampliare un’offerta culturale che già c’è».
Insomma, una base sostanziosa ci dovrebbe già essere e il contributo pubblico dovrebbe essere solamente la “ciliegina sulla torta”?
«Esatto. Purtroppo non è così. Quando in alcuni enti a fronte di un taglio del 10, 20%, si minaccia di chiudere, significa che c’è qualcosa che non va. Significa che l’80% serve per mandare avanti un qualcosa che… non voglio parlare di carrozzone, ma un qualcosa che altrimenti non ci sarebbe. Quando una struttura vive per il 90% dei contributi per il pagamento degli stipendi e rimane il 10% al resto, c’è qualcosa che non funziona. Che poi il contributo pubblico debba valorizzare l’aspetto qualitativo ok, ma non deve mai essere l’unica o principale risorsa, altrimenti succedono i disastri che ci sono in tutte le orchestre, in tutti i conservatori e in tutte (facciamo il 95%) le strutture d’Italia, tutte in debito. Ci sono teatri che hanno tot di contributi e fanno tot di debito. in 20 anni di Istituzione Schumann, mai 10 centesimi di disavanzo. Sulla disamina dell’assessore alla cultura, che poi è anche presidente della nostra istituzione, devo dire che ha pienamente ragione: un’Istituzione Comunale ha degli obblighi, degli adempimenti, che rapportati ad un grande budget possono essere giustificati, ma con il budget della Schumann è veramente problematico. Noi non abbiamo dipendenti, non abbiamo uffici specifici. Nella mia figura di direttore, mi sono ritrovato a fare delle cose che non mi sarei mai sognato di fare, ma è così. E ora la normativa è ancora più stringente e difficile da applicare ed era insostenibile pensare di continuare con la stessa forma giuridica».
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