Livorno La Giornata per la Memoria si avvicina. E così si moltiplicano le varie iniziative. Fra queste, quella di mercoledì 18 gennaio a Livorno, organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio e dalla Comunità Ebraica in collaborazione con la Diocesi, il Comune e Istoreco. Una cosa che riguarda i livornesi, penserete. E invece no. Perché fra i protagonisti c’era anche Patrizia Barbini, ex docente in pensione, guasticciana, che è stata trovata dagli organizzatori grazie a Collenews. La donna ha raccontato ai presenti la storia di una scatola che una famiglia di deportati lasciò in custodia a suo nonno. Ma non è, la presenza di Patrizia, l’unica cosa che interessa i colligiani. A Guasticce fu infatti arrestato un uomo che fu deportato ad Auschwitz.

 

Il mistero della scatola Il suo nome è Elio Nissim Levi, figlio di Abramo Levi e Rosa Adut. L’uomo nacque a Torino il 14 agosto 1928. E fu arrestato a Guasticce, appunto, per poi essere deportato nel più tristemente famoso fra i campi di sterminio. L’uomo è comunque riuscito a sopravvivere alla Shoah. Può essere proprio lui la persona che chiese al nonno di Patrizia Barbini di custodire per lui la scatola? Questo rimane un mistero: l’uomo non è più passato a prendere i propri oggetti. Ma questo non significa che non sia stato atteso, prima dal nonno della Barbini e poi dalla donna stessa. Quando consegnò la misteriosa scatola, Patrizia aveva 6-7 anni. Fu sotterrata nell’orto dei Barbini per sottrarla alle razzie. Dentro c’erano, fra le altre cose, una spazzola per abiti e dei libri, fra cui una Bibbia dell’800. Dissotterata la scatola, gli oggetti furono custoditi in un garage, finché, ad un certo punto, Patrizia decise di portare queste cose in casa propria. Fu allora che venne a conoscere la storia. Il nonno le impedì di portarseli con sé; voleva custodirli “gelosamente” convinto che quell’uomo che decenni prima glieli aveva consegnati sarebbe venuto a riprenderseli. Anche se così non è mai stato.

 

Il monumento a Guasticce Questa storia Patrizia, trovata dagli organizzatori dell’evento grazie ad un articolo di Collenews, l’ha raccontata ai presenti nell’ambito della cerimonia del 18 gennaio scorso. Una storia inedita, attraverso la quale una colligiana ha contribuito al racconto della memoria nel capoluogo di provincia. Ma non è Patrizia l’unico legame che unisce il territorio colligiano a quello livornese all’insegna della memoria storica. A Guasticce, infatti, dal 1993 è presente un piccolo monumento ai caduti in Piazza I° Maggio. All’inaugurazione, quel lontano giorno, erano presenti tutti i bambini della scuola elementare dove Patrizia insegnava. Ci furono canti e declamazioni di poesie. E in quel contesto fu anche distribuito un libretto scritto da Frida Misul.

 

Nome, questo, che fa parte della lista di coloro a cui sono state dedicate delle “pietre d’inciampo”, ossia delle targhe metalliche in ottone poste davanti alle abitazioni dei deportati che ce l’hanno fatta, che sono riusciti a tornare a casa. Un modo, per la città di Livorno, per fare memoria della deportazione degli ebrei, con un’attenzione particolare al presente, perché – come è stato fatto notare – “chi dimentica il proprio passato è condannato a ripeterlo”. Patrizia Barbini rappresenta senz’altro, per storia personale e per cultura, un importante presidio a tutela della memoria storica.

 

diego.vanni@collenews.it

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