Collesalvetti Le riforme costituzionali del Governo Renzi, come noto, saranno sottoposte a referendum. La parola, dunque, passa agli elettori e proprio per questo i due fronti, quello del SÌ alle riforme renziane e quello del NO hanno già avviato le rispettive campagne. Venerdì sera è stata la volta dei fautori del NO, che hanno organizzato un apposito incontro pubblico alla Sala Spettacolo di Collesalvetti alla presenza di un docente di diritto costituzionale dell’Università di Pisa (il professor Saulle Panizza) e di un ex allievo di Don Milani, attuale coordinatore del Centro Nuovo Modello di Sviluppo (Francesco Gesualdi).
Due relazioni molto diverse fra loro e complementari; se Panizza se si è ovviamente soffermato sugli aspetti tecnico-giuridici della riforma, Gesualdi ha invece focalizzato l’attenzione su quelle che a suo giudizio sono le ripercussioni economiche e sociali della stessa.
L’intervento del prof. Panizza In apertura del suo intervento, il professore ha messo in rilievo come siano ben 47 gli articoli della Costituzione che la riforma va a modificare. «Ha senso con un sì o un no secco approvare in toto o cassare completamente 47 articoli?! Gli elettori potrebbero voler approvare alcune parti della riforma e altre no, ma la scelta sarà secca». Poi Panizza ha voluto confutare una delle frasi che più spesso si sentono in bocca ai sostenitori del sì. «”Se non si fa questa riforma ora, sarà un’occasione persa, occorreranno decenni prima che si ripresenti”; è uno slogan sentito più e più volte. Riforme costituzionali ce ne sono state nel corso della storia. La particolarità di questa è che è organica, va a modificare moltissimi articoli». Il costituzionalista poi ha parlato del referendum costituzionale come di uno «strumento pensato per opporsi alla volontà della maggioranza parlamentare in caso sia inferiore ai 2/3», mentre «in questo caso viene utilizzato come strumento per confermare le scelte della maggioranza».
Un «Senato stravolto» Critiche sono poi giunte da Panizza per «come è stata scritta la riforma». «Ci sono frasi senza senso logico». Insomma, una «riforma indecente» che vede un «Senato stravolto». Il docente universitario ha rilevato il fatto che «sindaci e consiglieri regionali andranno a svolgere la loro funzione a mezzo servizio, visto che manterranno anche l’altra carica». «Ex Presidenti della Repubblica e senatori che hanno “illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario” cosa ci faranno dentro un Senato delle Autonomie?!», si è chiesto retorico il costituzionalista, che ha aggiunto: «i nuovi senatori non avranno indennità, ma immunità sì». E ancora: «Un sindaco cosa andrà a rappresentare in quel Senato? Il proprio Comune? Un’area più vasta? Non è affatto chiaro».
Bicameralismo, procedimenti legislativi e legge elettorale E poi sul bicameralismo: «che sia un problema, ho delle perplessità». E sui procedimenti legislativi: «ce ne saranno parecchi; sarà un vero e proprio ginepraio». «Come si possa dire in coscienza che questa riforma semplifica…». Due parole sono anche state spese sulla legge elettorale che «consente col 40% dei voti il 54% dei seggi». E da questo ovviamente è scaturito un dibattito sulla legittimità di questo Parlamento.
«Alla trasformazione del Parlamento è andato di pari passo un indebolimento delle garanzie» Per Panizza il Presidente della Repubblica in primis viene indebolito. «Nel disegno di riforma dal settimo scrutinio in poi basterà una maggioranza dei 3/5 non dei componenti dell’organo, ma dei votanti per eleggerlo». Chiara la riflessione sulla questione della rappresentatività di chi deve rappresentare l’intero Paese. Ma anche la Corte Costituzionale, materia di studio fra le principali del docente, «ne esce indebolita». Panizza ha concluso rilevando che «un disegno di riforma costituzionale portato avanti dal Governo è già di per sé un’anomalia».
L’intervento di Francesco Gesualdi Poi, la parola è passata a Francesco Gesualdi, ex allievo di Don Milani e attuale coordinatore del Centro Nuovo Modello di Sviluppo che ha spiegato come la sua associazione si occupi di tematiche sociali; di processi di impoverimento ed esclusione e di degrado ambientale. Gesualdi ha invece focalizzato l’attenzione su quelle che a suo giudizio sono le ripercussioni economiche e sociali della riforma renziana, che ha cercato di spiegare «a cosa serve e a chi giova». La questione del cui prodest, notoriamente, è sempre molto interessante ed è spesso una questione di carattere economico.
«L’economia cerca di entrare a gamba tesa nella politica – ha esordito Gesualdi – perché la politica si occupa di regole e gestisce il gettito fiscale». «Nasce dal basso l’esigenza di cambiare la Costituzione?», si è chiesto retorico l’ex allievo di Don Milani. «La riforma porta a un esproprio delle Regioni, ad una priorità dei provvedimenti del Governo e a un depotenziamento del Senato». Gesualdi ha criticato un «Senato in panchina» (quello che uscirebbe dalla riforma) e il concetto stesso di velocità legislativa, che secondo lui ha uno scopo ben preciso: «secondo un certo disegno i Parlamenti non devono far altro che ratificare decisioni prese altrove».
I sostenitori del SÌ alle riforme renziane come argomento a loro favore parlano spesso di «modernizzazione», che per il coordinatore del Centro Nuovo Modello di Sviluppo «è una parola svuotata di contenuto». «Si dice che si fa la riforma per modernizzare il Paese, per la crescita, ma… “crescita” nella mente dei politici è un concetto puramente mercantile». «La crescita la crea il lavoro, certo, ma il lavoro qualcuno si è dimenticato che non lo possono dare solo le imprese private, lo può dare anche il pubblico. Ma anziché dare i soldi direttamente ai Governi affinché creino posti di lavoro si potenzia sempre più il sistema della finanza, le banche». In conclusione, per Gesualdi «la riforma mira alla competitività per attrarre le imprese, le quali vogliono: bassi salari, lavoro flessibile, licenziamenti facili, fisco leggero, regole al minimo, permessi rapidi, blocco della protesta popolare e altro ancora». Dunque, la chiusura del cerchio: «la politica risponde in maniera servile a questa esigenza di competitività; la velocità serve solo a rafforzare l’ordine mercantile deciso a livello globale, visto che i singoli Parlamenti nazionali non fanno altro che ratificare decisioni prese altrove. La riforma fa sì che si possano fare leggi in maniera più veloce per poter andare contro i diritti dei lavoratori, etc…».
A seguire, ci sono stati gli interventi, appassionati, del pubblico.
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