Collesalvetti In vista del referendum del 17 aprile prossimo, nel quale gli elettori si pronunceranno sull’abrogazione o meno della norma che concede di protrarre le concessioni per estrarre idrocarburi entro 12 miglia nautiche dalla costa italiana sino all’esaurimento della vita utile dei rispettivi giacimenti, Rifondazione Comunista Collesalvetti ha preso una netta posizione in favore del sì.
«Ci vogliamo rivolgere a tutti i nostri/e concittadini e concittadine – scrive il segretario RC, Alberto Benedetti in una lettera a Collenews – tentando di spiegare quanto sia importante il voto referendario del 17 aprile prossimo e quanto sia fondamentale votare SI in quella occasione. Lo vogliamo fare attraverso, non i soliti discorsi politici ricchi spesso di parole incomprensibili e di slogan preconfezionati, ma vogliamo mutuare le parole ed i concetti espressi pochi giorni fa da un gruppo di scienziati italiani, l’avanguardia culturale in campo scientifico del nostro Paese. Domenica anche se deciderete di riposarvi e magari andarvene un po’ in giro, vi chiediamo di dedicare, dalle 7:00 del mattino alle 23:00 della sera due minuti per passare dal vostro seggio elettorale e lasciare un bel SI sulla scheda referendaria. Perchè?»
«Innanzitutto perché l’utilizzo delle fonti fossili provoca inevitabilmente l’aggravarsi dei cambiamenti climatici con effetti nefasti sui territori, sulla salute, sulla sicurezza delle popolazioni, e una crescita costante dei costi per riparare ai danni conseguenti. Ma ci sono anche precise ragioni energetiche, economiche, occupazionali, ambientali, etiche e culturali che ci obbligano a sottolineare che è interesse di tutti muoversi con lungimiranza e determinazione verso una società sempre più libera dall’utilizzo dei combustibili fossili. La comunità scientifica internazionale sostiene che non si può continuare sulla strada della dipendenza dalle fonti fossili e che l’inazione costituisce il rischio peggiore che non fa che aggravare la situazione attuale. Tutto il mondo deve investire in un nuovo modello energetico e tutti, istituzioni, settore privato e società civile, devono essere attori del cambiamento».
La questione energetica «In questo quadro non ha alcun senso per un paese come l’Italia insistere con investimenti per continuare con l’estrazione di petrolio e gas, anzi riteniamo che questa azione rappresenti ormai un danno. Ma dicevamo delle diverse motivazioni, la prima, quella energetica; Il quantitativo di petrolio e di gas naturale fornito al nostro Paese dalle piattaforme entro le 12 miglia non supera rispettivamente lo 0,9% ed il 3% dei consumi nazionali. Una quantità irrisoria, anche perché il consumo dei combustibili fossili è in continuo calo (- 22% di gas e -33% di petrolio negli ultimi 10 anni), grazie al boom delle fonti rinnovabili (idroelettrico, fotovoltaico, eolico, geotermico, biomasse) che hanno già contribuito a cambiare il sistema energetico italiano ed oggi coprono il 40% della domanda elettrica».
La questione economica «Il successo delle rinnovabili in Italia ha ridotto drasticamente il prezzo dell’energia elettrica, ben prima che i prezzi del petrolio crollassero, portando concorrenza nel mercato, riduzione delle bollette (per sfatare un altro mito, ovvero che le rinnovabili sarebbero pagate care in bolletta, va detto che gli incentivi alle rinnovabili pesano solo per lo 0,3% nel bilancio di una famiglia media italiana), miglioramento della bilancia energetica e aprendo una nuova importantissima filiera industriale. Oggi tutto sta cambiando: le rinnovabili costituiscono il presente ed il futuro dello sviluppo e rappresentano la prima voce di investimento nel mondo».
La questione occupazionale «Il tema occupazionale è un tema delicato e importante, ma va affrontato senza intenti propagandistici, sapendo che la transizione energetica porterà inevitabilmente a una grande ristrutturazione industriale. Al di là del balletto delle cifre, a cui abbiamo assistito in queste settimane, le stime ufficiali (fonte Isfol) riguardanti l’intero settore di estrazione di petrolio e gas in Italia parlano di 9mila impiegati in tutta Italia e 3mila nelle piattaforme oggetto del referendum. Parliamo di un settore già in crisi da tempo, indipendentemente dal referendum, per la riduzione dei consumi nazionali di gas e petrolio e la mancanza di una seria politica energetica nazionale. Se vince il SÌ, le piattaforme non chiuderanno il 18 aprile ma saranno ripristinate le scadenze delle concessioni rilasciate, esattamente come previsto prima della Legge di Stabilità 2016».
La questione ambientale «Le attività di ricerca e di estrazione di idrocarburi possono avere un impatto rilevante sull’ecosistema marino e costiero. L’attività stessa delle piattaforme può rilasciare sostanze chimiche inquinanti e pericolose, come olii, greggio (nel caso di estrazione di petrolio), metalli pesanti o altre sostanze contaminanti (anche nel caso di estrazione di gas), con gravi conseguenze sull’ambiente circostante. Va poi considerato che i mari italiani sono mari “chiusi” e un eventuale incidente sarebbe fonte di danni incalcolabili».
La questione etica e culturale «Invitare all’astensione in una consultazione democratica è sempre un atto di irresponsabilità civile e politica, che non può che aggravare la grande malattia delle democrazie contemporanee: l’astensione dilagante. Inoltre questo referendum, al di là del significato letterale del quesito e del rapporto con i ricorrenti fenomeni di corruzione, che sono emersi di nuovo in questi giorni, si chiede di assumerci una personale responsabilità per il futuro del nostro Paese sul fronte dei cambiamenti climatici e del futuro di noi tutti».
«Quindi, se vogliamo che l’Italia si incammini senza incertezze lungo la strada della transizione energetica alle rinnovabili, votiamo SÌ perché vogliamo che il Governo intraprenda con decisione la strada della transizione energetica per favorire la ricerca e la diffusione di tecnologie e fonti energetiche che ci liberino dalla dipendenza dai combustibili fossili.».
(Firmato: Partito della Rifondazione Comunista di Collesalvetti)
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