Collesalvetti L’Arcivescovo della Diocesi di Pisa, Monsignor Giovanni Paolo Benotto è in vista pastorale alla comunità di Collesalvetti. Diversi e numerosi, gli appuntamenti in calendario. Ieri, l’incontro con i bambini del catechismo di Collesalvetti e Vicarello e loro famiglie e, a seguire, la Messa nella Chiesa parrocchiale di Collesalvetti.
Durante l’omelia Monsignor Benotto ha parlato della necessità dell’educazione alla fede da parte di genitori, innanzitutto, e catechisti. «Saper seguire Gesù, riconoscerlo, ma non tenerlo per noi, bisogna avere la capacità di trasmetterlo anche agli altri. Così la Chiesa diventa quella cosa bella in cui amiamo Gesù e ce ne rendiamo apostoli con i nostri fratelli». L’Arcivescovo si è trattenuto anche a cena e dopo, visto che era in programma un incontro con i Consigli Pastorali di tutto il Vicariato. Grande l’affetto che la comunità colligiana ha mostrato al proprio Vescovo, tanto che gli è stata donata anche una torta con impresso il suo stemma e motto episcopale.
In programma ancora altri incontri. L’Arcivescovo farà visita alle strutture del Santa Caterina e dei Poggetti mercoledì 21 e ancora venerdì 23 a Vicarello, dove è in programma, nel pomeriggio, un incontro con i catechisti di Collesalvetti e Vicarello e la sera un incontro con i responsabili dei Consigli Economici di tutto il Vicariato. Lunedì 26, infine, alle 21, sempre a Vicarello, un incontro con i giovani di Vicarello e Collesalvetti.
MONSIGNOR BENOTTO: «LA CHIESA NON DEVE PRENDERE CONSENSI, MA TRASMETTERE LA PRESENZA DEL SIGNORE»
I giovani? «Spaventati da scelte durature ed irreversibili, sia il matrimonio che la vita consacrata. E’ la cultura del “mi piace”, del “mi sento”, dell’effimero»
intervista di Diego Vanni
Eccellenza, cosa si aspetta da questa visita pastorale? Quali sono i suoi obiettivi?
«La visita pastorale è un dovere del Vescovo, sancito dal codice di diritto canonico. Ogni 5 anni siamo tenuti a visitare le varie comunità parrocchiali. La visita pastorale non è però rivolta solamente alle realtà ecclesiali, ma anche a quelle sociali ed economiche, agli ammalati, alle case di riposo, alle realtà lavorative, agli amministratori locali. Bisogna prendere contatto col mondo che ci sta d’intorno per avvicinare la Chiesa alle persone e le persone alla Chiesa».
Fin ora ha incontrato i bambini del catechismo e le loro famiglie. Quali le sue impressioni?
«C’è stata grande attenzione, la sala era piena, c’erano almeno 180 persone: bambini delle elementari; ragazzi e molti genitori. Tutti molto attenti. I ragazzi si sono “scatenati” in una serie di domande a campo aperto. Le risposte che ho dato, però, erano rivolte soprattutto ai genitori, che vedevo annuivano. Un incontro molto positivo, anche per sottolineare l’importanza della catechesi familiare».
Alla fine degli incontri cosa spera di aver lasciato alla comunità colligiana?
«Il messaggio della relazione, di una Chiesa che non sta chissà dove, ma fra la gente. Il secondo messaggio è lanciare la lieta notizia che Dio ci ama, che non c’è una distanza fra Dio e l’uomo. La Chiesa non deve prendere consensi, ma trasmettere la presenza del Signore, come di Colui che ci ama. Al termine, finito tutto il Vicariato, scriverò una lettera nella quale metterò nero su bianco tutte le mie impressioni; le potenzialità che ho intravisto assieme ad indicazioni pastorali precise su dove e come andare ad agire. Ogni realtà territoriale è diversa – la Versilia non è il territorio di Collesalvetti e quest’ultimo non è come quello di Barga – e merita un’attenzione a sé stante. Occorre offrire parole che rispondano ai bisogni reali, altrimenti si rischia di rimanere per aria».
C’è poi il capitolo della vocazioni sacerdotali e, più in generale, alla vita consacrata. Cosa occorre fare da questo punto di vista?
«Al di là della visita pastorale c’è una relazione costante con le parrocchie. Il discorso vocazionale è uno dei più importanti. Occorre individuare là dove il Signore sta agendo e questo esige la crescita di relazioni continuative con le generazioni più giovani. Talvolta sono io ad accorgermi di pontenzialità in questo senso. Mi è capitato, per esempio, quando ero Vescovo a Tivoli, di aver individuato vocazioni io e non il parroco, di avergli detto: “Ma non ti sei accorto che…”. Alcuni di quei seminaristi mi sono ancora riconoscenti per questo. Oggi un giovane è spaventato dinanzi al sacerdozio come di fronte al matrimonio. La cultura moderna educa al “mi piace”, al “mi sento”, all’effimero. Perciò le scelte irreversibili, siano esse il sacerdozio o il matrimonio, spaventano. In settimana con i giovani parleremo anche di questo».