Da quanti anni lavorava a Guasticce?
«A Guasticce non da moltissimo tempo, dal 1998, quindi da circa 16 anni, anche se prima di me ci lavorava già mio fratello e quindi c’era già una sorta di tradizione di famiglia che ci siamo praticamente tramandati».
Qual’era la cosa che le piaceva di più del suo lavoro?
«Il fatto di stare in mezzo alla gente sicuramente, lavorare all’aria aperta. Un lavoro molto diverso rispetto a quello che ho svolto per circa 20 anni all’ufficio di via Cairoli a Livorno, dove ero impiegato alla cassa».
Che rapporto aveva con la gente di Guasticce alla quale consegnava la posta?
«Quasi familiare anche perché bisogna tener conto del fatto che sono nato in paese e l’ ho sempre vissuto perché a Guasticce ho iniziato a lavorare 45 anni fa consegnando il latte ed ho finito per andarci in pensione consegnando la posta. Quindi posso tranquillamente dire che la gente di Guasticce mi ha quasi cresciuto ed essendoci questo tipo di rapporto non ho mai visto come un lavoro il fatto di consegnare loro la posta».
C’è un aneddoto, un episodio curioso che ricorda di questi decenni di carriera?
«Pur avendo vissuto la realtà di Guasticce tutti i giorni, devo dire che non ricordo niente in particolare».
Cos’ha provato quando è andato in pensione dopo tanti anni di servizio?
«Sono sconvolto. Ho bisogno di riposo (ride). Si prova semplicemente quello che si prova non avendo più un vincolo di lavoro; cominci a fantasticare, a fare progetti…. In questa situazione bisogna cercare un attimo di ritornare alla realtà e essere consapevoli che non ci sarà più un cartellino da timbrare, le ferie da assegnare. Comunque adesso ad esempio ho tutto il tempo di coltivare delle amicizie che con un vincolo di tipo lavorativo non potevo coltivare».
Vuole lasciare un messaggio ai guasticciani attraverso le pagine di Collenews?
«Ci tengo particolarmente a dare un saluto affettuoso a tutti perché a Guasticce sono stato davvero bene e ringrazio per il regalo (mostra un orologio, ndr) che mi è stato fatto dai miei compaesani poiché questo dono fatto col cuore mi rende veramente contento. Vorrei però chiedere a tutta la gente del paese di aiutare chi verrà adesso a sostituirmi, poiché sicuramente si troverà ad avere un compito abbastanza difficile perché da sempre il porta lettere è sempre stato uno di paese e adesso che ne verrà uno da fuori ci sarà senz’altro un po’ di sconvolgimento delle regole. Questa persona infatti si ritroverà a lavorare in un ambiente che non conosce, dove molto spesso da alcune parti non esistono indirizzi, nomi sulle cassette e dove molte consegne si fanno anche per “conoscenza”».

Può sembrare facile, ma consegnare la posta in un posto sconosciuto non lo è per niente. Tanti anni fa, anch’io facevo la postina, per una ditta privata: dovevo consegnare bollette e quant’altro nel comune di Cecina, per la precisione a Marina e immaginiamoci da quante persone è abitata la frazione balneare in inverno!
Fra cassette della posta inesistenti, mancanza di cognomi sulle porte, numeri civici che non tornavano, nomi delle strade non aggiornati e nessun abitante a cui potersi rivolgere, il compito era piuttosto arduo.
Non meno bene quando consegnavo nel Rosignanese, anche lì, con le svariate località sparse per tutto il territorio, era un bel battesimo del fuoco.
Comico quando, invece del destinatario della posta, faceva capolino dalla proprietà spesso senza recinzione, un bel dobermann con tanto di zanne in bellavista e ringhio in sottofondo; che strizza!
E posso citare anche le nostre zone, Pandoiano e compagnia bella, dove vent’anni fa, solo i nativi conoscevano l’esistenza di abitazioni.
Però, a conferma delle parole del nostro ex postino, era bello lavorare all’aria aperta.
Ciao Valerio, grazie di tutto e augurissimi!!