Il gioco è un’attività ricreativa che ha accompagnato l’uomo fin dalle sue origini. Esso è un elemento centrale dell’attività umana, fisica e psichica. Costitutiva dell’età dell’apprendimento, tale attività rimane anche nell’adulto assumendo valenze di natura simbolica. Qual è la relazione tra gioco ed azzardo?
In primo luogo, il gioco d’azzardo si differenzia dal gioco perché non richiede un allenamento o un approfondimento di conoscenze o di determinate regole. Se facciamo riferimento alla ormai classica categorizzazione di Caillois delle quattro forme fondamentali di gioco (alea, agon, mimicry, ilinx,) possiamo intanto evidenziare come la componente della casualità (il dado, la sorte, la fortuna/sfortuna,) appartenga in misura più evidente (anche se non esclusiva) ai giochi detti di alea, nei quali la componente casuale è preponderante (ad esempio la roulette). L’aleatorietà, cioè l’incertezza sull’esito, permette la scommessa, la scommessa determina la vincita o la perdita, vincite e perdite possono rinforzare o indebolire il desiderio di scommettere nuovamente.
Sebbene nel corso del tempo i giochi siano cambiati, il fascino che il gioco d’azzardo esercita sull’uomo, con la sua possibilità d vincita e la minaccia di perdere tutto, è rimasto invariato nei secoli.
Per la maggior parte delle persone il gioco d’azzardo rappresenta la possibile realizzazione di un sogno. La massiccia invasione di poker-machines, l’enorme crescita dell’offerta di possibilità legali di scommettere (lotto e super-enalotto, “Gratta e Vinci”, scommesse sull’ippica, centri scommesse della Snai) alimentano le speranze illusorie (“il-ludere” ossia “entrare nel gioco”) di molti , e sappiamo che il secondo tempo della speranza spesso si chiama “de-lusione”(sempre facendo riferimento all’etimo “uscita dal gioco”).
La propensione al gioco, in effetti, è presente in ognuno di noi. Probabilmente potremmo tutti definirci “ giocatori occasionali” (chi non ha mai scommesso in occasione dei mondiali di calcio?) o regolari (ogni settimana magari compriamo un “Gratta e Vinci”, “…perché non si sa mai…”). In questi casi il gioco rappresenta un passatempo, un’attività piacevole, il sogno di una vincita che permetterebbe di abbandonare una quotidianità forse un po’ noiosa e frustrante. Tuttavia, invece, per il giocatore d’azzardo patologico il gioco ”è tutto”, non esistono stimoli altrettanto forti. Anche quando non gioca, può trascorrere il tempo leggendo articoli relativi agli sport su cui scommette, elaborando delle probabilità e studiando ossessivamente le schedine. Nei luoghi adibiti al gioco incontra persone che condividono la sua stessa passione, che non lo disapprovano, come possono al contrario fare familiari e amici. In questi luoghi egli si sente a suo agio, prova un senso d’appartenenza che può essere forte tanto quanto il desiderio di vincita.
Il gioco d’azzardo patologico è considerato come una vera e propria forma di “dipendenza senza droga”. Secondo il D.S.M. IV (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) il giocatore d’azzardo patologico sarebbe una persona che presenta un’incapacità cronica e progressiva di resistere all’impulso di giocare d’azzardo e un comportamento conseguente che compromette, disturba o danneggia se stesso, la sua famiglia o le sue attività professionali. La preoccupazione, lo stimolo e l’attività di gioco aumentano nei periodi di stress. I problemi che sorgono in conseguenza al gioco d’azzardo conducono a un’intensificazione delle attività di gioco. Caratteristici problemi comprendono un indebitamento esteso e conseguente insolvenza riguardo a debiti o altre responsabilità finanziarie, relazioni familiari disturbate, negligenza sul lavoro e operazioni finanziarie illegali al fine di pagare il gioco. I criteri per formulare una diagnosi di GAP (Gioco d’Azzardo Patologico) secondo il DSM IV indicano la presenza nelle persona di almeno cinque condizioni da un elenco di dieci:
1) è completamente assorbito dal gioco d’azzardo;
2) ha bisogno di giocare d’azzardo con quantità crescenti di denaro per raggiungere l’eccitazione desiderata;
3) ha ripetutamente tentato senza successo di controllare, ridurre o interrompere il gioco d’azzardo;
4) è irrequieto e irritato quando tenta di ridurre o interrompere il gioco d’azzardo;
5) gioca d’azzardo per sfuggire problemi, o per alleviare un umore disforico (colpa, ansia o depressione);
6) rincorre le perdite;
7) mente ai membri della famiglia, al terapeuta o ad altri per occultare l’entità del proprio coinvolgimento nel gioco d’azzardo;
8) ha commesso azioni illegali come frode, furto, appropriazione indebita per finanziare il gioco d’azzardo;
9) ha messo a repentaglio o perso una relazione significativa, il lavoro oppure opportunità scolastiche o di carriera per il gioco d’azzardo;
10) fa affidamento su altri per reperire il denaro per alleviare una situazione finanziaria disperata causata dal gioco d’azzardo.
Le motivazioni al gioco possono essere le più diverse. Ho citato il desiderio di vincere denaro, di procurarsi una vita sociale più ricca, di vincere la noia, di vivere uno stato di eccitazione, ma esistono ricerche interessanti relativi al ruolo di altre variabili tutt’ora oggetto di studio.
Tali motivazioni possono presentarsi come più o meno marcate o, al contrario, equilibrate tra loro. Ogni giocatore in realtà è storia a sé: possono esserci caratteristiche comuni ma è necessario cogliere la specificità di ogni caso sia nelle motivazioni che hanno portato al gioco compulsivo, sia nella gestione di questa problematica da parte del soggetto e del suo sistema relazionale, in modo da poter pianificare anche interventi di recupero mirati e funzionali. La ricerca non è attualmente in grado di spiegare perché alcune persone sviluppino un’attività di gioco dipendente, può solamente offrire delle teorie ognuna delle quali, probabilmente, non sarebbe in grado di spiegare da sola, in modo completo e soddisfacente, la nascita e il mantenimento del comportamento di gioco problematico. Come spesso accade in psicologia, sono gli approcci eclettici ad apparire più utili e promettenti.
Allora, come intervenire?
Intervenire sulle problematiche legate al gioco d’azzardo secondo un approccio proibizionista oltre a risultare per certi aspetti “impopolare” priverebbe lo stato di ingenti risorse economiche, visto che le entrate per il gioco del lotto ed affini costituiscono una vera e propria forma di tassazione parallela. Oggi, è ben noto, il gioco d’azzardo rappresenta una parte vitale di un gran numero di sistemi economici.
Se pensiamo al problema del giocatore compulsivo in analogia al problema delle tossicodipendenze appare evidente che lo “spacciatore” più importante risulterebbe essere lo Stato stesso, il quale perciò dovrebbe salire per primo sul banco degli imputati, mentre il giocatore che cade in rovina sarebbe (e a tutti gli effetti è) la persona da aiutare. Nondimeno, numerose ricerche del settore hanno rivelato come le politiche sociali di rigoroso proibizionismo tendano di frequente a promuovere lo sviluppo di circuiti clandestini illegali alternativi .
Per i giocatori problematici che hanno “toccato il fondo” è possibile ricorrere a gruppi di auto-aiuto (Giocatori Anonimi) nei quali, sulla falsariga dei gruppi di auto-aiuto per altre problematiche, si incontrano per riconoscere di aver perso il controllo della situazione, condividere l’esperienza di impotenza nei confronti del gioco, proporsi l’astinenza dal gioco e confrontare nell’ambito di gruppo le forme di inganno ed autoinganno ancora in atto.
Nondimeno, sul territorio nazionale si sono diffusi gruppi terapeutici per giocatori d’azzardo patologici i quali, a differenza dei gruppi di auto-aiuto, prevedono e sono condotti da psicoterapeuti e coinvolgono la famiglia del giocatore nel processo terapeutico. Di frequente accade che la famiglia del giocatore compulsivo risenta dei fenomeni negativi legati alle perdite e cerchi aiuto mentre ancora il giocatore stesso è completamente assorbito dall’inseguimento della perdita (vale a dire da un desiderio di rifarsi che provoca ulteriori perdite ed aggrava la situazione).
Il giocare compulsivamente (cioè seguendo un irresistibile impulso a continuare, avendo smarrito la capacità di smettere) è considerato sintomatico di malessere di personalità che talvolta, ad un altro livello, protegge da disastri peggiori ed in quanto tale non va rimosso con operazioni di “chirurgia psichica” ma compreso nel suo significato. Un intervento che si preoccupi solo di eliminare il sintomo favorisce spesso quei fenomeni cosiddetti di “migrazione” ( il giocatore che smette di giocare ma, ad esempio, inizia a bere o fumare un consistente numero di sigarette al giorno non evidenzia un buon risultato clinico).
La funzione protettiva del sintomo deve essere sempre tenuta presente e la dipendenza da gioco va inquadrata in rapporto alla soggettività del giocatore, alla sua struttura di personalità, alla sua storia affettiva, alle relazioni interpersonali significative e alla fase del ciclo di vita.
Sarebbe auspicabile, a livello preventivo, promuovere una campagna di sensibilizzazione nelle scuole che scongiuri il preoccupante aumento della tendenza alla problematicità legata al gioco d’azzardo tra gli adolescenti.
Per inviare alle psicologhe curatrici della rubrica proposte di temi da trattare in specifici articoli o domande, scrivere a psicologo@collenews.it
Il gioco è la causa dello sfaldamento di tante famiglie….ma il Parlamento sembra ancora non averlo capito….vergogna!!!