Mortaiolo – Luciano Novi, Gina Novi, Federico Tirabasso, Nugola S.p.A., Fernando Natalini, Ughetta Bertini, Giuseppe Tirabasso e altri coltivatori più piccoli. Sono loro i principali rappresentanti, da anni, del malcontento che circola tra i coltivatori di Mortaiolo. Il motivo è l’allagamento dei campi ogni volta che piove. Anche nel 2013, sia in primavera sia negli ultimi mesi dell’anno, spesso e volentieri questi terreni si sono trasformati in vere e proprie piscine.
Luciano Novi, storico portavoce di questi agricoltori, si è rivolto più volte alle autorità competenti, ma il problema non è ancora stato risolto. Ma cosa porta i campi della pianura di Mortaiolo ad allagarsi così spesso? Il fosso adiacente ai campi è pieno di terreno e, a forza di riempirsi di anno in anno, il suo livello si è alzato rispetto a quello dei campi. Risultato: per smaltirsi, l’acqua dovrebbe risalire l’argine.
Nel corso del 2013 l’Arpat ha svolto ben due analisi sul terra che riempie questo canale, anche se Novi sostiene di non averne ricevuto gli esiti di persona. L’Ente ha comunque emesso un comunicato ufficiale via internet sostenendo che la terra in questione sia inquinata, ma che la soluzione al problema del deflusso dell’acqua è di competenza del Consorzio di Bonifica “Ufficio fiumi e fossi” di Pisa.
Nonostante questo, Novi sostiene che sarebbe opportuno svuotare il fosso e porre la terra sull’argine. In definitiva, chiede una deroga alla legge a cui si è attenuta l’Arpat, in quanto il continuo allagamento di questi terreni non sta consentendo agli agricoltori di guadagnare dal frutto del loro lavoro.
Nel campo delle soluzioni al problema, però, la vera partita si gioca tra gli agricoltori e il Consorzio di Bonifica, Ente che è stato messo sotto accusa più volte nelle lettere di protesta scritte da Novi. «Il fosso non va solo arginato, ma anche abbassato. L’acqua – sostiene – non può risalire dai campi ai fossi. Io sarei disponibile anche a dare un contributo di 3000 euro, invece di 1000 al Consorzio. Ma l’acqua la dovrebbero smaltire loro. Invece, tocca a noi pomparla dai campi ogni volta che piove». Il coltivatore propone di «installare un’idrovora e buttare via l’acqua dai nostri terreni visto che in alcuni dei nostri campi l’acqua defluisce piano piano, in altri no».
Il Consorzio ha in mente, tuttavia, un’altra soluzione: «Scavare dei fossi campestri, già presi in consegna da loro, aumentando in pratica la capienza di quello esistente. L’Arpat, dal canto suo, sostiene che la terra che verrebbe prelevata dovrebbe finire in discarica», riporta Novi.
Novi ha molto da ridire su questa soluzione. Per due ragioni. La prima è che il trasporto di 7/8 chilometri di fosso sarebbe troppo costoso ed è per questo che propone, come accennato, di fare una deroga alla legge, cioè mettere la terra sopra gli argini. La seconda è che l’allargamento del fosso è «inutile se il suo livello rimane sopra rispetto al livello dei campi».
La situazione non sembra che verrà risolta in tempi brevi. Intanto, Novi e gli altri coltivatori continuano, soprattutto durante l’inverno, a spaccarsi la schiena per pompare, con i propri mezzi, l’acqua dai campi: «Non è giustizia – attacca ancora il portavoce – che io debba pagare i contributi al Consorzio di Bonifica, ma poi debba essere io a pensare allo smaltimento dell’acqua, come ho fatto anche negli ultimi giorni di festa. Natale, Santo Stefano, Capodanno, Epifania: per me non esistono più feste. Ed ormai ho un’età avanzata e, a forza di pompare via l’acqua e vangare per ricostruire un pò di argine ai terreni, mi sto ammalando».
E ancora: «Il Consorzio si difende dicendo che i 1200 euro annui da me versati sono destinati alla rimozione dell’erba dagli argini. Ma il problema è che il modo in cui lo fanno ci causa danni. Io ho sempre provveduto da solo a tagliarla. Invece, loro utilizzano dei mezzi pesantissimi che, appoggiandosi sul terreno, distruggono ogni volta l’argine che io stesso ho costruito a protezione delle coltivazioni. Oltretutto, per fare questo, entrano senza autorizzazioni nella mia proprietà».
Non solo il Consorzio di Bonifica “Ufficio fiumi e fossi” di Pisa. Anche la Provincia di Firenze, che gestisce la Fi-Pi-Li, è corresponsabile dei danni subiti da questi agricoltori. La superstrada, infatti, taglia in due la proprietà di Novi e di altri altri proprietari. «La Provincia di Firenze – scrive Novi in una lettera spedita il 30 ottobre scorso a tutti gli enti locali – responsabile, a nostro avviso, della manutenzione delle ormai scomparse scoline adiacenti alla Fi-Pi-Li, manda solo personale a svuotare i cestini delle piazzole di emergenza. L’utilizzo delle dette scoline da parte nostra sembra che necessiterebbe di una complicata autorizzazione, mentre il fatto che esse, ripiene di terra, di arbusti, rovi e addirittura alberi, riversino acqua sui nostri terreni in maniera incontrollata accade senza necessità di alcuna autorizzazione». E la recente risposta dell’ingegnere Alessio Gensini, dipendente della Provincia di Firenze, appare insoddisfacente per Novi, il quale ha constatato di persona che le scoline rimangono tuttora piene di detriti».
«Quando hanno costruito le scoline – afferma Novi – non ho permesso che la collegassero a quelle delle altre proprietà, altrimenti nei miei terreni sarebbe arrivata anche l’acqua piovana degli altri. Come soluzione, ho fatto buttare la scolina dentro il mio fosso. In questo modo, io mi pompo l’acqua per conto mio».
I danni subiti da Novi, così come dagli altri coltivatori, sono ingenti. E nel settembre 2013 lo stesso portavoce ha dato mandato allo studio legale dell’avvocato Stefano Novi di fare causa al Consorzio di Bonifica: «Nella primavera di quest’anno (2013, ndr) – scrive in una lettera indirizzata all'”Ufficio fiumi e fossi” di Pisa – ho dovuto rimuovere acqua ininterrottamente per tredici giorni per un totale di 300 ore con un consumo di gasolio parti a 2300 litri, ho perso raccolti per oltre 15000 euro, il tutto a causa dell’atavica inefficienza degli Enti preposti ad evitare che ciò avvenga e non a causa di piogge strabilianti; se i fossi – prosegue – fossero stati come dovrebbero essere e non avessero esondato, le acque piovane sarebbero state rimosse in poche ore. Pertanto, poichè il sottoscritto non può e non vuole più nè rimuovere l’acqua nè pagare una iniqua contribuenza, chiede che sia la legge a stabilire il da farsi», conclude Novi.
Sembra un dialogo tra sordi quello tra i coltivatori diretti di Mortaiolo da una parte, e il Consorzio di Bonifica e Provincia di Firenze dall’altra. Adesso, la questione rischia di finire in tribunale. Ma la soluzione dell’intera vicenda sembra essere solo un piccolo miraggio.