Nel segno di un rinnovato impegno verso la promozione del Novecento toscano dimenticato in linea con la stagione di Carlo e Luigi Servolini, con questa nuova prestigiosa iniziativa la Pinacoteca Comunale “Carlo Servolini” punta a ricongiungere all’orbita servoliniana ancora inediti e sorprendenti frammenti di storia novecentesca.
Sarà infatti la rarissima e precoce testimonianza incisoria intitolata Visioni di Montagnana, pubblicata nel 1915 nel fascicolo dell’ormai celeberrima rivista “L’Eroica”, a inaugurare il percorso espositivo colligiano, ribadendo la fatale liaison di Caligiani con Luigi Servolini, nel segno della condivisione delle ragioni più intime della rinascita xilografica e in coincidenza con la Secessione del sodalizio di Adolfo De Carolis, al fianco di personalità quali Lorenzo Viani, Mario Mossa de Murtas, Nicola Galante, Guido Marussig, Emilio Mantelli, Felice Casorati, Moses Levy, Antonio Antony de Witt, Gino Carlo Sensani, Benvenuto Disertori, Giuseppe Biasi, Armando Cermignani.
Si celebra inoltre con la monografica intitolata all’artista grossetano, una rilevante acquisizione storiografica, risalente alla data cruciale del 1934, quando Alberto Caligiani, proprio al fianco di Luigi Servolini e, con lui, Mario Moschi e Vieri Torelli, allestirà a Forlì quella Mostra d’Arte Toscana, promossa sotto gli auspici dei Sindacati di Toscana e di Romagna, che lo stesso Servolini definirà “una rassegna eccezionale” tra le righe di un finora ignoto articolo, firmato il 1 agosto: in quest’occasione, accanto alle “virili espressioni pittoriche” di Felice Carena e al Battista di Primo Conti, “potente per concezione”, e oltre a Gianni Vagnetti, con “la forte tempra del suo personalissimo sentire”, e Ottone Rosai, “con quel suo lirico trasfigurare la realtà per affermare il sentimento intimo delle cose”, Servolini segnalava appunto Caligiani, presente “con fresche visioni paesistiche ed un’indovinata figura di Madre dall’espressione dolcissima”, confermando la compatibilità del suo indirizzo espressivo con le coeve manifestazioni del Gruppo Novecentesco Toscano.
A motivare le strategie culturali all’origine dell’ideazione della mostra colligiana, non si può non ricordare che nell’ambito della rassegna pubblicata nel 1934 dallo xilografo livornese sfilavano niente meno che quegli stessi artisti che oggi accerchiano, per così dire, e nello stesso tempo illuminano in Pinacoteca le opere pittoriche e grafiche di Caligiani, con fotografie, lettere, medaglie, schizzi e caricature, a partire dai già citati vip della compagine novecentesca, fino a personaggi meno noti quali Augusto Zoboli (Modena 1894 – Formigine, Modena 1991) e Dyalma Stultus (Trieste, 31 ottobre 1901 – Darfo Boario Terme, 24 settembre 1977), con il risultato di una rifrangenza davvero suggestiva dell’eccezionale, quanto dimenticata, personalità del grossetano.
Ne è derivata l’urgenza di costituire una sezione aggiuntiva della mostra dal titolo “Sguardi su Caligiani”, dove coabitano testimonianze documentarie e iconografiche assolutamente inedite, quali la medaglia bronzea di Mario Moschi raffigurante l’artista, le caricature di quest’ultimo firmate da Pietro Annigoni e Augusto Zoboli, i ritratti eseguiti da Gianni Vagnetti, Franco Dani e Giovanni Costetti: su tutti domina, quale icona incontrastata della mostra, il volto bronzeo di Caligiani scolpito da Libero Andreotti, il protagonista in assoluto più internazionale del Gruppo Novecentesco Toscano, presente sul palcoscenico parigino dal 1906 al 1914, grazie al patronage di Vittore Grubicy de Dragon, e il cui sodalizio con Caligiani costituirà una sorta di fil rouge dell’intero Calendario Culturale Primavera/Estate 2022 della Pinacoteca, dal titolo L’universo in una foglia: proclami e poetiche del Novecento toscano oltre lo Stile, promosso dal Comune di Collesalvetti, ideato e curato da Francesca Cagianelli.
Letteralmente evocato come interlocutore privilegiato nell’ambito della recente programmazione culturale colligiana in virtù della contiguità esistenziale e artistica intrattenuta con Lorenzo Viani, Alberto Caligiani (Grosseto, 1894 – Firenze, 1973), torna oggi finalmente alla ribalta grazie alle strategie culturali messe in campo dalla Pinacoteca Comunale “Carlo Servolini”, dopo rarissimi episodi espositivi, di cui si citano come estremi rappresentativi l’antologica promossa nel 1939 dalla Galleria Gian Ferrari di Milano (16-26 novembre XVIII) e la mostra intitolatagli dalla Galleria Giorgi di Firenze nel 1976.
Invitato tra gli anni Venti e Trenta alle più prestigiose rassegne internazionali, quali Madrid, Nizza, Baltimora, Berna, Atene, Vienna, Pittsburg, Praga, Varsavia, Cracovia, e recensito dal gotha della critica d’arte italiana, da Ugo Ojetti a Margherita Sarfatti, da Corrado Pavolini a Ugo Nebbia, da Raffaello Franchi a Emilio Cecchi, da Elio Vittorini a Cipriano Efisio Oppo, da Aniceto Del Massa a Ferdinando Paolieri, Caligiani è poi incorso inspiegabilmente in una scomunica mediatica che oggi merita finalmente sanare con una iniziativa che intende superare lo standard della monografica, per dilatarsi verso una trasversalità di sguardi, quelli cioè che nel corso del Novecento coinvolsero l’artista in un tessuto biografico denso di prestigiose relazioni professionali.
Investito da analisi parossisticamente contrapposte, Caligiani sembra ancora oggi destinato a restare conteso tra un filone storiografico incline a ricondurlo ad una sorta di tabula rasa, o ancor peggio ad ascriverlo a una temperie strenuamente provinciale, e la convinzione di coloro che invece ne intuirono la colta sensibilità drammatica e l’intima parentela col barocco.
Torna quindi opportuno ricordare come da una parte il collega Giorgio Settala lo dipingesse come “un uomo semplice, rude”, dotato della “maliziosa furberia del campagnolo toscano e il piglio polemico del rodomonte provinciale”, dall’altra invece l’amico Guido Ferroni gli riconoscesse “il candore dell’Angelico, la sicurezza, la forza, l’umanità del Massaccio”, così come Vincenzo Costantini avvertiva che Caligiani “sente anch’egli il drammatico in alcuni paesaggi che ricordano (…) il Salvator Rosa”; non ultimo, Ugo Ojetti lo definì “modellatore sodo e paesano, d’un forte chiaroscuro da secentesco tenebroso”.
Tra tutti spicca, per acuminata scaltrezza critica e incomparabile piglio letterario, Elio Vittorini, che addirittura giunge a intravedere nelle donne e nei bambini messi in scena nelle composizioni e nei paesaggi di Caligiani dei potenziali assassini, fino a concludere: “Caligiani vede rosso. Ed ha un milligrammo di Dostojevskij pittore, dentro di sé”.
Piace quindi annunciare che a coronamento della sezione documentaria, comprendente alcuni capisaldi letterari firmati dall’artista tra gli anni Venti e gli anni Cinquanta, tra cui I canti della Bure (San Remo, Casa Ed. La Costa Azzurra, 1921); In tralice al tempo (Firenze, Corradino Mori Editore 1932); Lo zio Pietro e la vacca (Mazza Editore 1957), la Pinacoteca Comunale “Carlo Servolini” prevede un affondo sul Caligiani letterato, riservando un evento del Calendario Culturale alla proiezione di un audio finora mai presentato al pubblico, cortesemente messo a disposizione dagli eredi, relativo alle poesie dell’artista, da lui stesso recitate, precedute da un’introduzione di Giovanni Moschi, che saluteranno i visitatori della mostra in occasione del Finissage.
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