Questi sono solo alcuni dei dati che emergono dal quinto rapporto su “Povertà e inclusione sociale in Toscana”, frutto della collaborazione tra Osservatorio Sociale Regionale, ANCI Toscana, IRPET, Centro regionale di documentazione per l’infanzia e l’adolescenza, Università di Siena e Caritas Toscana. Il rapporto è stato presentato ieri a Firenze con un evento online cui hanno partecipato il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani e l’assessore regionale alle politiche sociali, Serena Spinelli. L’iniziativa è stata occasione per analizzare le ripercussioni della pandemia sulle condizioni di vita della categorie meno abbienti in relazione al reddito, ma anche ad altri aspetti di primaria importanza come il disagio educativo, alimentare, abitativo.
I DATI DEL RAPPORTO
“98.129, pari al 5,9% del totale: è il numero delle famiglie toscane che senza interventi di sostegno al reddito si sarebbero trovate in povertà assoluta a seguito del Covid. Secondo i dati del rapporto, invece, le misure di intervento sono riuscite a scongiurare questo scenario almeno in buona parte riducendo questo numero di oltre 40.000 unità e di oltre 2,6 punti percentuali: e così nel 2020 le famiglie povere sono state 54.767, pari al 3,3%, circa mille in più dell’anno precedente (3,2). Un risultato notevole – si legge in una nota regionale – anche in considerazione della congiuntura economica negativa: in Toscana nel 2020, il Pil è sceso del 12%, ben 3 punti in più della media nazionale“.
“Tra le misure ad hoc che hanno contribuito a mitigare gli effetti economici della pandemia, vi sono la Cassa integrazione guadagni (Cig), le indennità una tantum e il Reddito di emergenza (Rem). Particolarmente importante in questa congiuntura anche il ruolo svolto dal Reddito di cittadinanza che era stato istituito un anno prima della pandemia: il Reddito di cittadinanza ha ridotto la povertà in Toscana di 0,7 punti percentuali nel 2019 e di un punto nel 2020. Se però questo provvedimento è riuscito a contenere gli effetti recessivi della pandemia, non né però riuscito a favorire, in questa fase recessiva, l’attivazione di dinamiche lavorative: il 37% dei beneficiari di Rdc che hanno fatto domanda per la prima volta a marzo, aprile o maggio 2019 risulta ancora percepire il beneficio dopo 18 mesi ed i beneficiari di Rdc tenuti alla stipula del Patto per il Lavoro lavorano solo 0,6 giorni al mese in più rispetto a quanto avrebbero lavorato in assenza della misura”, si legge ancora nella nota regionale.
“I dati del rapporto si riferiscono in gran parte al 2020, epicentro della pandemia. Ma, come sappiamo, l’onda lunga del Covid si è protratta ben oltre. Ed è cresciuta l’incidenza sulle condizioni delle famiglie toscane come dimostra una ricerca Irpet, effettuata nel settembre 2021 su un campione rappresentativo della popolazione. Alla domanda su come percepivano la propria situazione economica il 13% dei toscani ha definito la propria condizione economica come ‘povera’, l’8% ha dichiarato di avere grandi difficoltà ad arrivare a fine mese mentre il 9% ha registrato nel 2020 un peggioramento della propria situazione economica rispetto al 2019. Sempre secondo il lavoro Irpet le tipologie di nucleo più colpite nella propria situazione economica sono quelle single e, soprattutto, quelle numerose. Le province di residenza in cui risulta più elevata la quota di famiglie con situazione economica molto peggiorata risultano essere Massa Carrara, Lucca e Firenze”.
“Altro indice delle difficoltà vissute da vasti strati della popolazione viene da alcuni indicatori presentati nel Rapporto in relazione agli aiuti alimentari per le fasce più indigenti: tra il 2019 e il 2021 l’aiuto alimentare in Toscana è cresciuto del 13,3%; nel 2020, in Toscana sono stati distribuiti generi alimentari per un valore di 3,9 milioni di euro“.
“Dopo aver analizzato i numeri di fondo della fase pandemica, il rapporto “Povertà e inclusione sociale” nella sua seconda parte prende in esame vari aspetti relativi alle modifiche nella qualità della vita delle persone. Focus specifici sono dedicati, per esempio, alle dinamiche di impoverimento a partire dai primi mille giorni di vita dei bambini, alla definizione e la misurazione della povertà educativa e del disagio giovanile e all’emergenza abitativa. Una parte del rapporto è dedicata anche alla risposta dei servizi territoriali alla situazione di emergenza, che ha causato un aumento dei bisogni non materiali interrelati a non autosufficienze, solitudine, Didattica a Distanza (DAD), contesti familiari problematici: una domanda in crescita e sempre più complessa, in particolare da parte di “nuovi poveri”, anziani, minori”.
Seguici su Twitter, clicca qui