L’evento coincide con il focus curato da Cristian Tognarelli, dal titolo “VITTORINI ALLO SPECCHIO: le vie profonde dell’al di là del vero”, in occasione del quale sarà visibile al pubblico in anteprima assoluta l’Autoritratto ritrovato di Umberto Vittorini, presentato alla Seconda Quadriennale d’Arte Nazionale di Roma del 1935.
Costantemente votato alla trascrizione pittorica della propria immagine Vittorini catalizzerà proprio in virtù dei suoi Autoritratti l’attenzione del gotha della critica novecentesca, a partire da Nino Bertocchi che sulle pagine de “Il Resto del Carlino” del 10 giugno 1941 registra sulla ribalta milanese la presenza di un “concitato Autoritratto, in cui la qualità del tono assume significati drammaticissimi” e di “Figura di donna” dipinta di una luce che evoca l’umanissima tristezza di certe albe invernali in rosa e grigio-azzurro”, segnali questi ultimi a suo giudizio di “un sentimento dell’impressionismo arricchito di nuove esperienze d’ordine costruttivo e morale”.
Sarà Iolanda Poracchia a celebrare su “Emporium” del 1944 uno degli Autoritratti di Vittorini esposto sull’ambitissimo palcoscenico della Galleria milanese Il Milione, ovvero quell’Autoritratto con cappello del 1940 che si prospetta come una fisiologica evoluzione, in termini di mobilità di effetti luminosi, rispetto all’(Autoritratto con berretto bianco” del 1938, apprezzatissimo proprio in quanto “di rembrandtiano ricordo”.
In virtù di una fortuna critica così pervasiva e dilatata, la Pinacoteca Comunale “Carlo Servolini” ha selezionato la tematica dell’Autoritratto vittoriniano tra i focus straordinari previsti nell’ambito del Calendario Estate 2021, con l’obiettivo di contribuire alla storicizzazione della personalità del barghigiano, troppo a lungo marginalizzata sul nostro territorio.
Sarà Dino Bonardi, sulle pagine de “La Sera” del 5 novembre 1944 a salutare l’avvento di una drammatica istanza umana nella produzione autoritrattistica di Vittorini, finché, sulla rivista “Arti Plastiche e Decorative” del 18 novembre 1958, Raffaele De Grada, nel recensire la personale milanese alla Galleria Gussoni, identificherà nelle stazioni del volto dipinto dell’artista le tappe cruciali della sua evoluzione stilistica: “Il mondo di Vittorini non è nuovo: è la vecchia e luminosa storia della conoscenza di se stessi e delle cose intorno a noi, che il toscano Vittorini segna addirittura col divenire del proprio volto, ora di giovanile fierezza (il forte “Autoritratto” del 1935), ora in una introspezione suggestionata da Rembrandt (il numero 24), ora invece analisi formale, chiaroscurale del significato del comporsi di un volto, del perché siamo fatti così, in questo modo così miracoloso (…)”.
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