Stagno Non è un quadro positivo quello che dipinge il giovane stagnino Diego Banti ritraendo il territorio comunale colligiano, che vede spento e apatico. La colpa? Anche del fatto che «questa zona si è fossilizzata sulla stessa classe amministrativa da decenni». E, per Banti, questo significa «spegnersi, perdere interesse alla vita locale stessa». Ma in questa intervista a 360 gradi il giovane stagnino si addentra anche in tematiche specifiche, come le maleodoranze a Stagno e la situazione del Macchia Verde.
Banti, le elezioni comunali si avvicinano. Mancano sempre diversi mesi, ma per i tempi della politica “si vota domani”. Ci può riassumere la sua attuale collocazione partitica e se e in che modo scenderà in «campo?
«Salve e innanzitutto grazie di questa opportunità. Si, in effetti per i tempi della politica le elezioni del prossimo anno sono praticamente domani, ciò nonostante questi mesi non saranno affatto tranquilli e potremmo anche assistere a nuovi stravolgimenti. La vicenda del crollo del ponte Morandi ha riacceso la miccia di tensioni latenti nel Centrodestra e bisogna vedere in che modo evolverà la situazione. Nonostante questo io non sono affatto convinto che si possa definitivamente parlare di nuove categorie, come ad esempio Sovranisti ed Europeisti, magari cancellando definitivamente la vecchia dicotomia Destra/Sinistra. Vero è che in questi anni le cose sono cambiate molto, ma nell’immaginario di molte persone sono ancora forti l’attaccamento a certi schemi (Destra, Sinistra, Centro): oggi direi che sta in parte cambiando il modo di percepire le varie collocazioni».
Addentriamoci nel ragionamento…
«A Destra viene declinata ancora con enfasi la nazione, il popolo, la gente comune e le sue necessità primarie. A Sinistra si guarda al mondo, alle frontiere aperte, all’accoglienza indistinta da tutti i punti di vista. Il Centro oggi sono i M5S che raccolgono elettorato da ogni parte dell’arco politico e urlano contro “la casta”. Ma in tutti casi la libertà è sparita dal dibattito e lo statalismo regna purtroppo incontrastato. La mia collocazione in tutto questo è ancora quella di quando iniziai l’avventura di Direzione Italia, cioè per la libertà in tutte le sue forme, per il mercato, per la libera iniziativa, per la libera scelta di come vivere la vita, il tutto in accordo con una realtà in cui, a mio modesto parere c’è ancora bisogno di contenitori identitari come la nazione, di uno Stato inteso come garante dei diritti individuali e protettore contro le minacce alla sicurezza interne ed esterne, come arbitro per una giustizia efficace ed efficiente. L’apertura al mondo è nel destino, forse, di tutte le nazioni ma non è ancora tempo di mandarle in soffitta per sostituirle con corpi amministrativi sovranazionali e super invasivi come l’UE, corpi che spesso costano moltissimo e risultano alla fine inefficaci per gli scopi a cui dovrebbero servire».
Libertà individuale, nazione…
«La libertà individuale è ancora facilmente difendibile in un contesto comune di lingua, tradizioni, religioni, abitudini, un contesto che è appunto la nazione. Una nazione che poi si può aprire anche efficacemente verso l’esterno e interagire in pace con gli altri paesi a vari livelli. Unire l’Europa è possibile, ma non certo in questo modo, serve un approccio ben diverso. Attualmente nessuno dei 3 partiti principali del Centrodestra rappresenta sufficientemente bene la mia visione, per ragioni diverse. Ciò nonostante resto sintonizzato, da indipendente di Centrodestra, sulle tematiche locali, nazionali e mondiali e sicuramente darò un contributo per le prossime amministrative».
Come?
«Vedremo. L’importante è costruire una squadra adeguata al compito di governare Collesalvetti e soprattutto un programma comune e credibile tra le varie forze del Centrodestra. Se così sarà potrei anche portare la bandiera e candidarmi in prima persona, diversamente non parteciperò a schermaglie inutili in uno schieramento che deve lavorare molto, a mio avviso, per essere all’altezza della situazione a tutti i livelli. Le parole d’ordine che vorrei mettere al centro sono libertà, merito e partecipazione».
Se dovesse dare un giudizio sulla situazione politica generale a livello nazionale e locale del Comune di Collesalvetti cosa direbbe?
«I due piani sono troppo distanti per essere accomunati, ma ci sono dei punti di contatto. Certo è che a livello locale, Collesalvetti è praticamente un feudo PC/PDS/DS/PD e questo è un problema. Un Comune fossilizzato sulla stessa classe amministrativa da decenni si spegne e perde anche interesse alla vita locale stessa. A chi legge chiedo: è normale che ci sia tutta questa apatia? Certo, è vero che siamo un Comune di confine per Pisa e Livorno e che quindi siamo in un certo senso anche dormitorio per chi è pendolare ma non è normale che ci sia una partecipazione così scarsa anche, a volte e dispiace dirlo, ad assemblee ed iniziative dei Consigli di Frazione o dell’Amministrazione. La politica può risolvere il problema? Da sola non basta, ma la politica può promuovere più partecipazione e questo lo si fa dando attenzione a chi vive sul territorio. Non parlo solo di iniziative ufficiali, ma letteralmente di vicinanza fisica: un amministratore che viene dal territorio e che sta sul territorio è sicuramente più produttivo ed efficace».
È stato così sino ad oggi, a suo giudizio?
«No. Troppe volte in questi anni si è vistA l’Amministrazione attuale ignorare domande e istanze che venivano dal territorio, col risultato che si è creato ancor più scollamento tra le Frazioni e il Municipio, tra sindaco e CDF. Molti sanno anche meglio di me cosa intendo. Per quanto riguarda il giudizio nazionale, posso dire che se si parla di immigrazione mi piace molto di più questo Governo del precedente, mentre invece il giudizio cambia radicalmente se si parla di economia e lavoro. Mi vengono i capelli ritti a sentir parlare di Decreto Dignità e Nazionalizzazioni, roba da Partito Comunista degli anni 70. Siamo nel 21° secolo e il 900 ha dato un verdetto. La libertà, il liberalismo e l’economia di mercato hanno vinto, inequivocabilmente. Con i difetti che può avere, il nostro sistema di vita si è dimostrato di gran lunga il migliore perché quello maggiormente in grado di garantire un benessere diffuso, livelli adeguati di innovazione, ricerca e sviluppo, giustizia, libertà personale, diritti fondamentali e molto altro. Ogni volta che si attacca la libertà economica o personale si fa un passo indietro e qui in Italia purtroppo non lo abbiamo ancora capito. C’è da fare un lavoro di riscoperta dell’idea di libertà, idea che ha permesso a USA e Regno Unito di prosperare e cavalcare con successo la globalizzazione. La libertà conviene a tutti e ci aiuterebbe ad uscire da una crisi che non è cominciata nel 2008 ma molto tempo prima. Ci stiamo attrezzando per questo anche a livello locale e presto ci saranno interessanti novità».
Rimanendo su un perimetro più ampio di quello colligiano, tragici fatti di Genova ci impongono ovviamente anzitutto massimo rispetto e partecipazione al dolore delle famiglie coinvolte. Ma, dovendo fare un ragionamento politico, cosa è stato sbagliato? Di cosa ha bisogno questo Paese dal punto di vista infrastrutturale e come raggiungere l’obiettivo?
«Qui in Italia negli anni 90 non sono state fatte liberalizzazioni vere, sono stati fatti semplicemente dei regali e si sono semplicemente venduti, o per meglio dire svenduti, monopoli pubblici ai privati, con l’inevitabile risultato di peggiorare le cose. E cosa incredibile, sono stati proprio i governi di Centrosinistra (o tecnici e di solito è la stessa cosa) a regalare, Autostrade, Telecom, pezzi di ENI e altro ancora senza ottenere nessun vantaggio strategico in cambio. Direi quindi che sono assolutamente comprensibili i fischi che la gente ha riservato ai dirigenti PD durante il funerale delle vittime di Genova e altrettanto comprensibili sono gli applausi a Di Maio e Salvini che hanno saputo cavalcare la rabbia della gente. Rabbia nei confronti di uno Stato che in questi 25 anni non ha saputo fare quello scatto in avanti in termini di efficienza e qualità che tutti volevano. Anche per colpa di un Centrodestra a trazione berlusconiana che ha perso tempo su questioni non centrali e che non ha osato quando doveva farlo. Il problema è che Cinque Stelle e in misura minore Lega rischiano di compiere un altro grave errore se si va avanti con la nazionalizzazione di Autostrade. C’è molta confusione sull’argomento, la revoca della concessione rischia di costare salatissima ai contribuenti, con oltre 20 miliardi da tirare fuori sull’unghia. Non è la strada giusta. Ciò che serve è cambiare il modello: niente pedaggi, manutenzione appaltata a cicli brevi di 3/5/7 anni ai privati, pagata con fiscalità generale, perché non esiste che ci siano tratti di 20km che costano quasi 8€ e centinaia di Km di autostrade completamente gratuite al Sud. Semmai è possibile aprire agli investitori privati per singole specifiche opere, come per esempio tunnel e ponti, privati che poi rientrerebbero dell’investimento tramite un pedaggio. Il modello a cui penso in definitiva è quello americano o tedesco».
Tornando in zona colligiana, chi vincerà, secondo lei (e a prescindere da ciò che spera), le elezioni comunali 2019?
«Vedo favorito il Movimento Cinque Stelle, ma se il Centrodestra fa un lavoro serio e adeguato possiamo farcela. Vedo molto bene anche gli amici di “Cittadini in Comune”, anche se le liste civiche sono sempre un’incognita alla prova dei fatti. Per il PD, attualmente non vedo un bel futuro a Colle».
Macchia Verde di Stagno, struttura in stato di abbandono da anni; bandi pubblici andati deserti… quale la sua ricetta?
«Tempo fa proprio su questo giornale feci una proposta. Una sottoscrizione pubblica cui affiancare stanziamenti comunali, donazioni e altro ancora per rimettere in piedi la struttura e farne un punto di attrazione per la comunità di Stagno. Potrebbe essere – perché no – il nuovo centro Civico. Ci sono realtà molto attive su Stagno che meriterebbero da tempo l’occasione di gestire quella struttura e dipendesse da me darei loro le chiavi domattina. L’associazionismo è una forma di iniziativa privata senza scopo di lucro e da liberale non posso che vedere più che bene le iniziative del terzo settore».
Rimanendo a Stagno: la questione maleodoranze infervora il dibattito. Che idea si è fatto?
«Il problema maleodoranze è a monte, ovvero uno stabilimento vecchio e che ormai troppo di frequente pone problemi di questo genere. Bisogna iniziare a pensare ad un futuro industriale diverso per quell’area. O qualche grande azienda ristruttura completamente l’impianto bonificando a dovere l’area e abbattendo le emissioni oppure bisognerà pensare ad altre realtà produttive da far insediare. La faccenda sarà complessa da gestire: ci sono di mezzo i posti di lavoro. Bisognerà lavorare di concerto con altri enti per trovare una soluzione ragionevole. In questi anni non ho visto particolare attenzione su questa situazione, né dagli amici Movimento Cinque Stelle di Livorno (Stagno è al confine) né da parte del governatore Rossi e del PD regionale. Forse un’Amministrazione meno “amichevole” potrebbe stimolare il cambiamento nella direzione giusta. Ma niente è certo e non basta certo la mia volontà o quella del solo Centrodestra colligiano».
Le chiedo anche la sua ricetta sul rilancio economico del territorio. Come dare una scossa significativa ad un’economia depressa?
«Collesalvetti è un comune prevalentemente collinare, con luoghi spesso bellissimi e al tempo stesso poco conosciuti. Al tempo stesso è un territorio vicino a 2 capoluoghi di provincia, dotati rispettivamente di un porto e di un aeroporto. La parte nord del Comune è inoltre prevalentemente pianeggiante e si presta bene all’insediamento di piccole e medie imprese. Da questi fattori si può provare a sviluppare una ricetta per favorire di più l’economia locale, anche se le premesse per una qualsiasi robusta ripresa sono da cercare a monte, a livello nazionale: meno tasse, meno spesa pubblica, meno debito pubblico, più libertà, più iniziativa privata. Solo in questo modo si potrà sperare davvero nel cambiamento ma né PD né M5S-Lega mi paiono troppo orientati in questa direzione. Si continua ad eludere la grande sfida italiana di questi anni, ovvero tagliare drasticamente la spesa pubblica».
Un’altra cosa che non va affatto sul territorio è la partecipazione popolare: è ridotta veramente “all’osso”: la stragrande maggioranza dei Consigli di Frazione si riunisce “una volta ogni morte di Papa”; idee nuove non emergono quasi mai e quando emergono (come quella di costituire una Pro Loco a Guasticce) naufragano nel giro di poco; alle riunioni dei CDF e comunque, in generale, alle riunioni pubbliche partecipano sempre quelle solite 7-8 persone. Il Comune ha tentato di reagire con il progetto “Le tue idee per Collesalvetti”: lo ha seguito? Che idea si è fatto? E, a prescindere da quello, come riportare la gente del territorio ad occuparsi attivamente ed in prima persona, delle proprie zone, dei propri paesi?
«L’iniziativa è stata lodevole e ha fatto bene l’Amministrazione a cogliere l’opportunità, quantomeno per rilanciare il dibattito sulla questione. Il percorso del progetto è stato interessante e positivo, anche se purtroppo ho potuto seguirlo solo in parte. Continuo però a pensare che per come è fatto il nostro territorio i Consigli di Frazione possano essere la risposta giusta. A patto però di dar loro più autonomia e possibilità di organizzarsi e soprattutto ascoltando le istanze che i CDF pongono. Ciò non si è verificato in questi anni, specie con il CDF di Stagno che è rimasto a lungo ignorato fino al cambio di presidenza avvenuto lo scorso anno. Ricorderete tutti la vicenda e credo che la conosciate anche meglio di me. Un CDF che protesta non è un CDF ostile: significa che qualcosa non va e bisogna prestare attenzione. Siamo un comune di 17.000 abitanti, non siamo New York. Ci si può anche trovare per un caffè e parlare e chi “comanda” deve sforzarsi di essere sempre o quasi disponibile. Al di là delle bandiere di partito e delle idee di ognuno, siamo comunque una piccola comunità e fino a prova contraria abbiamo tutti a cuore l’interesse generale».