«La certezza del Comune di Collesalvetti – si legge in un comunicato delle Brigate di Solidarietà Attiva – con cui si esclude la contaminazione di idrocarburi nel cortile dei condomini Ex-Ina di Stagno è del tutto infondata. Non c’è stata infatti alcuna indagine analitica da parte dei soggetti preposti, se non una semplice ispezione visiva, come da noi detto e dal Comune confermato, al momento della rimozione delle acque. Quest’ultima resta l’unica iniziativa intrapresa dalle Autorità in termini di informazione, contenimento, bonifica, quando invece, indipendentemente dalla fonte di tale contaminazione, la plausibile presenza di idrocarburi pesanti rendeva necessario un intervento. Le “11 auto parcheggiate nel cortile” citate dall’Amministrazione, semmai possono aver contribuito all’inquinamento ma non possono essere l’unico fattore in un contesto compreso nel SIN e a valle di un bacino alluvionale, quello dell’Ugione, su cui sono presenti numerose attività industriali».
«Appellarsi a questioni puramente formali – prosegue il documento delle BSA – non può liberare l’Amministrazione dalle responsabilità politiche. Il piano di emergenza interno ed esterno previsti dalla legge Seveso, come confermato anche da Enrico Rossi (Il Tirreno, 16/11), non hanno funzionato. Si è vista improvvisazione e impreparazione nel mettere in pratica quegli interventi che avrebbero potuto ridurre il rischio di incidente industriale, che si è verificato, e il rischio idraulico dell’area».
«Per questo invitiamo l’Amministrazione a dare una risposta concreta al fatto che nessun cittadino di Stagno si dichiara preparato ad un’eventuale emergenza proveniente dalla Raffineria. Si rileva inoltre che nel suo comunicato l’Amministrazione del Comune di Collesalvetti non ha risposto alla questione da noi sollevata riguardo il disastroso assetto idrogeologico della zona. Per questo chiediamo un confronto pubblico, a cui gli stessi residenti di Stagno sarebbero felici di partecipare, che analizzi quanto accaduto in occasione dell’alluvione», si legge in conclusione della nota stampa inviata dal Gruppo di Ricerca ed Inchiesta delle Brigate di Solidarietà Attiva di Livorno.
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