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PATRIZIA BARBINI: «VI RACCONTO QUANDO INCONTRAI BERLINGUER PER SALVARE LE PICCOLE SCUOLE»

Guasticce Una carriera interamente dedicata all’insegnamento e alla salvaguardia della “buona scuola”. Questo caratterizza Patrizia Barbini, maestra elementare che da queste pagine racconta alcuni momenti salienti relativi al periodo di insegnamento presso il plesso scolastico di Guasticce. L’ ex docenteha parlato in particolar modo del contestuale momento di crisi del sistema scolastico e dei numerosi tagli e delle riforme che – spiega – «hanno letteralmente provato me e le mie colleghe, ma anche i genitori che, nonostante tutto, hanno sempre fatto di tutto affinché la scuola di Guasticce continuasse a esistere e a lavorare efficientemente».

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L’incontro con Berlinguer «La mia carriera d’insegnante – così la Barbini – ha dapprima avuto inizio all’Isola d’Elba, per poi passare anche da altre zone come Campiglia Marittima e Rosignano, fino a quando sono arrivata a Collesalvetti e poi a Guasticce all’incirca nel 1990. Iniziai ad insegnare ai ragazzi dell’84 per poi riprendere con i ragazzi classe ’89, che sono riuscita a seguire per l’intero ciclo di studi. Fin quando incominciò ad arrivare il periodo dei tagli, promossi dal Ministro dell’Istruzione di allora, Luigi Berlinguer.  Ricordo che io, assieme ad altre insegnanti e genitori, facemmo diverse manifestazioni e sit in per salvare la scuola di Guasticce. Già da allora infatti esisteva già l’idea di far chiudere le piccole scuole. Ricordo che, nel 1998, arrivammo perfino a Roma per discutere di questa vicenda col Ministro Berlinguer. Riuscimmo infatti ad ottenere da lui un appuntamento a Montecitorio. Dopo una lunga attesa, fummo ricevuti nell’atrio dell’Aula parlamentare. Subito Berlinguer cercò di farci capire che dal suo punto di vista le scuole grandi con tanti alunni funzionavano meglio di quelle piccole con pochi alunni. Io, dal canto mio, cercai di spiegargli quello che era il valore di una scuola all’interno di una piccola comunità come quella di Guasticce».
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«Signora, lei è rimasta all’800. Piansi dalla rabbia!» «Togliere la scuola in un piccola realtà come la nostra, infatti, equivale a togliere la vita al paese stesso. Allo stesso tempo gli dissi che non vedevo per quale ragione una classe piccola doveva funzionar peggio di una grande. Lui, ricordo che mi rispose dicendomi “signora, lei è rimasta all’800”. Ricordo che, pur avendomi risposto con la massima pacatezza e rispetto, appena il Ministro se ne andò piansi dalla rabbia. Non c’era verso di fargli cambiare idea. La cosa mi rimase così impressa che, alla fine dell’anno scolastico decisi con le altre insegnanti di fare una recita che, con un po’ di ironia, rappresentasse una sorta di “rievocazione” del nostro incontro con Berlinguer».
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Da Guasticce a Vicarello, ma i costi non scendevano «In seguito – ha continuato l’ex insegnante – ricordo che molti alunni di Guasticce furono costretti ad andare a scuola a Vicarello per un po’ di tempo, sino a quando i dirigenti non si accorsero che lo spostamento di alunni da Guasticce, comportava uno sdoppiamento nelle classi del plesso di Vicarello con un conseguente aumento dei costi. Cosa che smentiva l’utilità dei tagli proposti dal Ministero. Io sostengo che questa situazione di crisi ebbe luogo a partire dall’anno 1990 quando entrò in vigore la legge attuativa dei nuovi ordinamenti della scuola elementare del 1984. In quell’anno infatti furono creati i nuovi programmi formativi per la scuola elementare, che erano di dimensioni imponenti, tali da non poter essere espletati nell’intero ciclo formativo quinquennale delle scuole elementari. Da lì, per noi insegnanti fu un vero calvario. A Guasticce come maestre eravamo rimaste in quattro con un organico di 5 classi da coprire a tempo pieno. Ricordo che, pur di salvare la scuola, ci mettemmo d’accordo e decidemmo di fare 2-3 ore in più gratuite alla settimana. Presi persino l’iniziativa di fare un corso di formazione per la lingua inglese, in modo tale da poter dare una mano anche per l’insegnamento della lingua straniera. Eravamo inoltre costrette a stare dietro agli alunni anche durante l’ora della mensa».
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«Gli insegnanti non sono bidelli» «Su quest’ultimo punto ci terrei a dire che gli insegnanti non sono bidelli. Non dico questo perché ritengo che il lavoro del custode sia inferiore, ma lo dico semplicemente per un discorso di diversità di mansione. Come fa un insegnante a poter svolgere correttamente il proprio lavoro, con un organico ridotto ed impiegando anche del tempo, che dovrebbe essere utile per l’insegnamento, ad altri tipi di mansione? Ricordo che eravamo arrivati ad un punto che avevamo solo 5 ore di italiano settimanali, che sono una briciola rispetto al tempo che effettivamente servirebbe per insegnare bene la grammatica e l’ortografia. Gli anni che passai a Guasticce praticamente coincisero con questo periodo di riforme che hanno a mio giudizio solo fatto del male al sistema scolastico».
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