Nel marzo scorso Arpat aveva reso noto che le sorgenti delle maleodoranze erano state individuate all’interno della Raffineria ENI e di altre attività industriali. La rilevazione venne fatta mediante dei sopralluoghi che ebbero luogo a seguito delle segnalazioni. “Le sorgenti causa di alcuni episodi segnalati possono essere identificate all’interno di alcune attività industriali dell’area nord tra cui la raffineria ENI”, metteva nero su bianco l’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana. “La causa delle lamentele segnalate tra la fine di dicembre 2014 ed i primi giorni di gennaio del 2015 è attribuibile ad alcune sorgenti a quota bassa che emettono composti maleodoranti, tra cui il depuratore delle acque reflue TAE dello stabilimento ENI gestito dalla società”, scriveva ancora Arpat. Questo, appunto, nel marzo scorso.
A luglio 2016, invece la società ENI rese nota l’attivazione di un sistema di abbattimento ad acqua neutralizzante sull’intera superficie delle vasche di arrivo reflui e fanghi. Insomma, un’altra tappa nell’ambito di quell’attività prescritta dagli enti pubblici alla stessa Raffineria per il contrasto alle emissioni odorigene. Sempre nello stesso mese la società informò che erano in corso gli approfondimenti tecnici relativi alla progettazione dei nuovi sistemi di aerazione delle vasche, confermando i tempi previsti per la realizzazione degli stessi, cioè fine 2016.
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