Due, infatti, le tipologie di dépliant distribuiti alla gente: uno senza simbolo e uno con il simbolo di Possibile. In entrambi, la scritta: “vota sì” e ancora “ferma le trivelle; il mare è nostro” e ancora: “referendum contro le trivellazioni in mare”.
Nel dépliant dei civatiani, l’indicazione della data e degli orari del voto (domenica 17 aprile 2016 dalle 7:00 alle 23:00); l’illustrazione del quesito referendario; la spiegazione del raggiungimento del quorum affinché il referendum sia efficace e di cosa accadrà se vincerà il sì. “Se vincerà il sì come auspichiamo – si legge nel volantino di Possibile – sarà abrogato l’articolo 6 comma 17 del codice dell’ambiente dove si prevede che le trivellazioni continuino fino a quando il giacimento lo consente. La vittoria del sì bloccherà tutte le concessioni per estrarre il petrolio entro le 12 miglia dalla costa italiana quando scadranno i contratti. Non saranno interessate dal referendum tutte le 106 piattaforme petrolifere presenti nel mare italiano per estrarre petrolio o metano, ma solamente il giacimento Guendalina (Eni) nell’Adriatico; il giacimento Gospo (Edison) nell’Adriatico e il giacimento Vega (Edison) davanti a Ragusa, in Sicilia”.
Nel volantino distribuito dal Movimento Cinque Stelle, invece, nessun simbolo politico. E, oltre all’hashtag Twitter (#stoptrivelle), l’indicazione di “7 buone ragioni per farlo” (votare sì). “Il tempo delle fonti fossili è scaduto” è la prima riflessione, seguita immediatamente nel dépliant dal fatto che “le ricerche di petrolio e gas mettono a rischio i nostri mari”. “L’estrazione di idrocarburi – si legge ancora nell’opuscolo – è un’attività inquinante, con un impatto rilevante sull’ambiente e sull’ecosistema marino; anche le fasi di ricerca che utilizzano la tecnica dell’airgun (esplosioni di aria compressa) hanno effetti devastanti per l’habitat e la fauna marina”. Il manifestino del Comitato nazionale “Vota sì per fermare le trivelle” come quarta ragione per votare sì indica come “in un sistema chiuso come il mar Mediterraneo un eventuale incidente sarebbe disastroso”. I promotori del sì rilevano poi come “trivellare il nostro mare è un affare per i soli petrolieri”- Come penultima ragione, il fatto che “l’Italia oggi produce più del 40% della sua energia elettrica da fonti rinnovabili, con 80mila addetti tra diretti e indiretti e una ricaduta economica di 6 miliardi di euro”. Infine, questa considerazione: “Alla Conferenza ONU sul clima tenutasi a Parigi lo scorso dicembre, l’Italia – insieme con altri 194 Paesi – ha sottoscritto uno storico impegno a contenere la febbre della Terra entro 1,5 gradi centigradi, perseguendo con chiarezza e decisione l’abbandono dell’utilizzo delle fonti fossili. Fermare le trivelle vuol dire essere coerenti con questo impegno”.
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