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BRUNO MAZZONI, L’ULTIMO PARTIGIANO COLLIGIANO, NEL FILM STORICO “PARTIZANI”, PROIETTATO OGGI A TORINO

Bruno Mazzoni

Bruno Mazzoni

Torino I vicarellesi nello specifico, ma anche tanti altri colligiani, hanno ancora nel cuore il ricordo di Bruno Mazzoni, l’ultimo partigiano residente nel Comune, scomparso nel febbraio scorso all’età di 92 anni (leggi qui). Combattente nella seconda Brigata Garibaldi, nella vita aveva lavorato anche come contadino e poi come dipendente al Comune di Livorno. E nel solco di una memoria che non si spegne, la sua presenza ora figura in un film, “Partizani”, alla cui proiezione suo nipote Yuri è stato invitato come ospite. La pellicola verrà proiettata oggi, mercoledì 2 dicembre, alle 18 presso la sala conferenze del Museo Diffuso della Resistenza di Torino.

 

«Sono orgoglioso di mio nonno; grazie alle sue interviste lascia frammenti di storia per le nuove generazioni», commenta il nipote Yuri che ringrazia il regista e gli istituti che hanno contribuito alla realizzazione del film diretto dallo storico Eric Gobetti e al quale ha lavorato una squadra che si è allargata nel tempo e che gli ha permesso di realizzare questo film-documentario, appunto.  «La responsabilità è mia, ma il merito è vostro», cosi Gobetti ha ringraziato  le persone e gli enti che hanno creduto nel progetto (l’Istituto piemontese per la storia della Resistenza di Torino, il Comitato Resistenza e Costituzione del Piemonte e l’Istituto storico della Resistenza in Toscana).

 

Un ringraziamento che chiaramente si estende anche a tutti i reduci della Divisione Garibaldi intervistati, tra cui appunto l’ultimo partigiano colligiano Bruno Mazzoni, che nel film compare spesso, raccontando a tratti la sua storia in un’intervista fatta il 21 maggio 2013 proprio con lo storico Gobetti. Un incontro nel quale Mazzoni descrisse minuziosamente cosa successe dopo l’armistizio dell’8 settembre, nell’ambito del quale, anziché consegnarsi ai fascisti e nazisti, l’uomo scelse come tanti altri di continuare a combattere, unendosi ai partigiani di Tito. Una scelta che durò fino al suo rimpatrio a Bari, pochi mesi prima del conflitto mondiale, in quanto affetto da tifo petecchiale.

 

«Tutto questo – commenta il nipote Yuri – va in onore di tutti questi semplici eroi che hanno combattuto il freddo, la fame e una devastante epidemia di tifo, pagando con tremende sofferenze una scelta di campo consapevole e coraggiosa. Spero che quanto lasciato da mio nonno possa servire da monito per le nuove generazioni per capire quanto sia importante la vita e quanto sia preziosa la pace e sopratutto la libertà».

 

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