L’atto parlamentare «chiede di sapere se i ministri in indirizzo non ritengano necessario verificare se allo stato l’intero iter procedurale di costruzione dell’Interporto in oggetto, compresi i vari e successivi interventi dei numerosi soggetti pubblici interessati, siano congrui, nel rispetto della normativa vigente e dell’accordo di programma, al progetto e alle finalità originariamente previste e che costituiscono la base integrante e necessaria per la concessione dei finanziamenti pubblici ed europei, o se contengano elementi di incoerenza, anche al fine di evitare di incorrere in eventuali, possibili infrazioni da parte dell’Unione europea».
Nelle premesse dell’interrogazione, si fa riferimento al fatto che la realizzazione dell’Interporto «è stata resa possibile con finanziamenti pubblici, della Comunità europea e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con uno stanziamento di ventisei milioni nel 2008, finalizzati alla “realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e impiantistiche nelle aree destinate all’attività di logistica” è in fase di completamento nelle opere di urbanizzazione e di messa in sicurezza idraulica» e che «i suoi 300 ettari rappresentano l’ideale retroterra portuale di Livorno e, con l’ampliamento della cinta doganale, l’interporto costituisce un ulteriore incentivo all’attività di logistica dell’area vasta costiera».
«L’avvio dell’impresa – si legge ancora nell’interrogazione parlamentare – ha come base l’accordo di programma sottoscritto tra la Regione Toscana, tutti gli enti locali interessati e gli enti pubblici competenti per materia, l’11 gennaio 2007 per la progettazione dello sviluppo dell’area costiera Pisa – Livorno e che comprendeva, tra l’altro, “iniziative coordinate per la predisposizione dei progetti: (…) piattaforma logistica costiera e difesa idraulica” al quale tutte le parti devono attenersi rigorosamente e senza deroghe. Il Consiglio comunale di Collesalvetti, il 26 settembre 2012, con variante al piano strutturale, ha destinato, tra l’altro, il 40 per cento delle aree dell’interporto ad attività manifatturiere e commerciali e in conseguenza di ciò ha approvato, in data 30 aprile 2013, la variante al regolamento urbanistico con la quale ha introdotto nelle NN.TT.AA. (per il 25 per cento dell’intera area) la possibilità di realizzare le attività produttive e di trasformazione (F2) le attività di fabbricazione (F3) e le attività di recupero (F6) e di servizio, limitatamente ad impianti di riciclaggio, riutilizzo e recupero di rifiuti (H), in deroga al divieto previsto dalla normativa vigente».
«La destinazione del 40 per cento dell’area ad attività manifatturiera e commerciale – questo il punto fondamentale per i senatori di SEL che hanno presentato l’interpellanza – è in palese contraddizione con le finalità logistiche e retroportuali dell’area e in aperto contrasto con l’accordo di programma sottoscritto agli inizi del 2007».
L’atto parlamentare rileva anche come «con proprio intervento dell’agosto 2013 la Regione inviava proprie osservazioni al Comune di Colesalvetti confermando “come, anche in sede di approvazione, la variante al Regolamento Urbanistico (comunale) non sia esaustiva riguardo le valutazioni e verifiche in rapporto alla connessione e compatibilità delle nuove funzioni introdotte con la prioritaria funzione logistica, nonché rispetto agli effetti cumulativi di carattere ambientale e paesaggistico delle previsioni (vecchie e nuove) nel loro insieme” e auspicando, da parte dell’amministrazione comunale di Collesalvetti, la revisione di tutta la variante per tutto il territorio comunale, non solo dell’interporto, nel rispetto delle norme paesaggistiche e del piano di indirizzo territoriale con un’attenzione maggiore rivolta ai dimensionamenti e alla razionalità delle nuove destinazioni introdotte».
«Nonostante le osservazioni critiche della Regione – è la conclusione delle premesse dell’interrogazione – il Consiglio Comunale di Collesalvetti ha, ostinatamente, con delibera del 4 aprile 2014, perseverato nel non prevedere quantomeno lo stralcio delle parti della variante oggetto di osservazioni». Sulla base di queste premesse, appunto, la richiesta di verifica ai ministri.
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