Da quelle italiane, frequentate fino al 1980 e mostrate nella prima parte della serata. A quelle di Perù, Ecuador e Bolivia, visitate e scalate fino alle metà degli anni Novanta, e ammirate da pubblico nella seconda parte. «Fotografie che tutti noi ci scordiamo di scattare perché fatte da punti e prospettive impensabili», queste le parole con cui il presidente Carlo Carmassi ha introdotto il protagonista della serata.
«Io non mi ritengo un fotoamatore ma un alpinista ad alti livelli – spiega Crescimbeni -. Il mio obiettivo è sempre stato quello di trasmettere agli altri la mia interpretazione della montagna. Questa passione è uno sport in cui serve un’altissima preparazione fisica e psicologica. Non ci si può improvvisare, visti i rischi, anche mortali, che si possono presentare praticando alpinismo professionistico».
«Ho iniziato a 17 anni – prosegue -: prima con le Alpi Apuane, poi con le altre montagne italiane. Dagli anni ’80 ho invece incominciato a praticare alpinismo in tutto il mondo: dalle Americhe al Medio Oriente fino ad arrivare all’Asia. Quello che cerco di portare stasera è quello che mi ha sempre interessato della montagna, ovvero le popolazioni, le religioni e le usanze che ci sono attorno».
E sull’utilizzo delle diapositive spiega: «Attualmente utilizzo una macchina fotografica digitale e probabilmente quella di questa sera potrebbe essere l’ultima proiezione in diapositive fatta in pubblico. A me è sempre interessata la qualità delle immagini riprodotte. Infatti, proiettare in digitale mantenendo uno standard qualitativo alto costa diverse migliaia di euro, mentre con i proiettori analogici che possiedo riesco comunque ad ottenere un ottimo prodotto», conclude Crescimbeni.