Entriamo in casa. Alessandro ci conduce subito nella sua sala da biliardo. Sì, ha una sala da biliardo in casa. Al centro, ovviamente, il tavolo da gioco. Ai lati, invece, sia le tante coppe vinte nel corso degli anni, sia medaglie che quadretti con a tema, ovviamente, il biliardo. Ma anche libri di psicologia perché il suo segreto sta proprio nella dimensione mentale, nelle tecniche di concentrazione
Alessandro, com’è nata in te la passione per il biliardo?
«Ho sempre fatto sport, a livello agonistico: nuoto, arti marziali, regate in barca a vela… Poi, una sera, per pura casualità, entrai in una sala da biliardo a Livorno con un amico ed è così che nacque in me questa passione, per caso. Anche il titolare della sala si rese conto che ero talentuoso e così mi sono impegnato, conseguendo parecchi risultati».
«Già quando iniziai, partii bene, mettendoci tutto l’impegno possibile: ho sempre avuto nel dna lo spirito di competizione, l’agonismo. Mi sono impegnato fin dall’inizio».
Come funzionò? Prendesti lezioni?
«Sono completamente autodidatta; ho imparato guardando quelli più bravi di me, giocando con loro».
Qual’è la cosa più bella del biliardo, secondo te?
«Il biliardo è varie cose: è fisica, geometria, ma anche dimensione psicologica, tecniche di concentrazione mentale, autocontrollo. La cosa bella è che il biliardo serve nella vita di tutti i giorni, proprio perché è fusione delle due dimensioni della nostra vita quotidiana: quella fisica e quella psichica».
Qual’è il segreto del tuo successo?
«Il segreto sta nella dimensione mentale, psicologica, anche perché, lavorando, ho davvero poco tempo da dedicare alla tecnica, alla pratica, rispetto agli altri. Mi sono allenato, concentrato sulla dimensione mentale, nelle tecniche di concentrazione e questo mi ha portato ad essere fra i primi giocatori in Italia».
Tu giochi a biliardo, seppur con professionalità, per passione, il tuo lavoro infatti è un altro. In Italia è possibile vivere di biliardo?
«In Italia, sì, ci si può vivere, ma solamente in certe zone: nella fattispecie a Roma e nel nordest. In Germania, Olanda ed Inghilterra fra tornei con premi più consistenti e un maggior numero di allievi che vengono a lezione è più facile vivere di biliardo».
Cosa consiglieresti ai tuoi compaesani e comunque a chiunque voglia, leggendo quest’intervista, approcciarsi a questo gioco?
«Bisogna allenarsi e questo comporta sacrifici, rinunce. Se uno vuole vedere i risultati, questa è la strada da percorrere. Ma oltre alla serietà, ci vuole la passione, l’interesse; bisogna che giocare diventi un divertimento».