Guasticce Correva il lontano 1985 quando Mario Menicagli fece il suo ingresso alla Schumann come supplente di violino. Da allora tante cose sono cambiate. In passato c’era maggiore vivacità economica e dunque più fondi da poter investire. Ma Menicagli non si lascia scoraggiare e continua il suo percorso alla guida dell’Istituzione comunale per la Cultura “Clara Schumann” anche con il budget dimezzato. Un percorso professionale, certo, ma che diventa anche umano. E’ alla Schumann che Menicagli conosce quella che diventerà sua moglie.
Da quanti anni lei è all’Istituzione Schumann?
«Sono entrato alla Schumann nel 1985 come supplente di violino e mi sono innamorato subito di questa realtà. All’epoca non si chiamava ancora “Istituzione Schumann”. Sono cresciuto con la scuola stessa che ha cominciato a prendere piede sul territorio e ad allargare il proprio raggio di competenze. E’ divenuta istituzione comunale nel ’96, anno in cui fui nominato direttore dall’allora sindaco Monica Lischi».
Che bilancio fa di questi 30 anni?
«E’ difficile per me scindere questi anni di lavoro dagli stessi anni di vita privata. La Schumann è stata il sottofondo della mia esistenza matura; sono cresciuto assieme alla Schumann. Punto fermo anche per la mia vita privata: alla Schumann ho conosciuto mia moglie che era un’allieva della scuola. Qui ho imparato a conoscere aspetti ulteriori della mia professione, all’inizio di solo violinista, poi ho allargato il raggio, proprio come la Clara Schumann; ho un amore viscerale per questa realtà, che sento come inscindibile dalla mia vita e sarà così anche quando non ricoprirò più il ruolo di direttore. Quel giorno arriverà (ride, ndr)…».
«Sono stato per forza di cose a contatto con le varie Amministrazioni, con gli enti pubblici e quindi anche con la politica, ma quest’ultima non ha mai fatto ingerenze. La Schumann è stata un successo per le Amministrazioni che si sono succedute, ma non è mai stata considerata uno strumento politico e credo che di questo ne sia testimone anche chi, come l’opposizione, per necessità politica segnala le cose che non funzionano bene o affatto. Ogni Amministrazione ha chiaramente dovuto adeguarsi al proprio tempo; prima c’era maggiore vivacità economica, poi ci sono stati e ci sono tuttora, chiaramente, momenti di ristrettezza. Rispetto a 10 anni fa abbiamo subito un taglio dei fondi di circa il 50%, ma il pubblico non ne ha risentito. Ci siamo saputi adeguare a momenti di difficoltà economica, come adesso. Per questo non riesco a capire come in altri enti pubblici si riescano a creare voragini di debiti. Chi “amministra” la cultura non può dar fondo al barile per poi minacciare chiusure e “lasciare a piedi” le persone».
Fin qui, il passato. Quali prospettive, invece, per il futuro?
«E’ molto importante lavorare sul territorio. Stiamo agendo sulle scuole dell’obbligo e continueremo a farlo. Quest’anno, oltre al progetto Note nello zaino, anche Il gatto con gli stivali. Continua, poi, di pari passo, la stagione teatrale alla Sala Spettacolo; ci sono appuntamenti importanti come quello del saggio finale dei ragazzi della Casa Famiglia di Stagno. E poi, il progetto Open Opera, di cui però parleremo più avanti. Oltre a chi ha avuto visibilità, non posso non ringraziare i vari docenti che si sono susseguiti nell’insegnamento in questi anni. Ad oggi ci sono 10 classi di strumento e 150 allievi. I corsi sono accessibili a tutti; a chi vuol intraprendere un percorso professionale e a chi concepisce la musica solamente come una passione. Ringrazio l’assessore Fantozzi, Anna Maria La Scala, Paola Trusendi e un ringraziamento speciale lo voglio indirizzare a colei che è, secondo me, la persona simbolo dell’Istituzione, la professoressa Nicla Capua; il personaggio più significativo di questo ente. Se si dovesse identificare un percorso di anni e anni con una persona, quella sarebbe senz’altro lei».
Voltiamo completamente pagina, parliamo di lei. Come ha scoperto di avere passione e talento per la musica?
«Appassionato, lo sono stato sin da piccolo. Sono cresciuto in un ambiente nel quale si respirava l’Opera Lirica dalla mattina alla sera. Mio nonno era un violinista. Ho iniziato il percorso del Conservatorio in punta di piedi. Poi, col tempo, la passione è divenuta sempre più intensa e a cosa si è aggiunta cosa. Non mi sono accontentato del mio strumento. Ho iniziato il percorso della direzione d’orchestra; la direzione artistica; l’organizzazione di eventi… Ricordo quando ho fatto parte dei primi violini dell’Orchestra Giovanile Italiana che si concluse con un concerto di Muti. E poi, l’attività come violino di spalla nei Teatri di Lucca, Pisa e Livorno e come docente di Conservatorio a Cagliari e a Modena. L’incrocio con altri interessi mi ha portato a dirigere con Ron, Antonella Ruggiero; Stefano Bollani e Danilo Rea. A marzo dirigerò l’Orchestra Cherubini in due Concerti, al Conservatorio di Milano e al Ravenna Festival».