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VICARELLO E LA CRISI DEL COMMERCIO: TASSE ALTE E STIPENDI BASSI STRANGOLANO I NEGOZIANTI DELLA FRAZIONE

Vicarello

Vicarello

Vicarello Troppe tasse, stipendi che consentono di acquistare il minimo indispensabile, prezzi dei fornitori quasi raddoppiati. Questi i dati più preoccupanti dell’indagine sullo stato del commercio condotta a Vicarello. La crisi di questo settore è lo specchio più fedele della crisi che colpisce, dal 2008 ad oggi, non solo il Comune di Collesalvetti, ma tutto il Paese.

 

Il capitolo tasse è uno dei più stringenti. Le alte aliquote pagate dai commercianti riducono i margini, se non azzerano proprio i guadagni del mese. E spesso, a livello locale, non se ne vedono i frutti in servizi alla cittadinanza: «Le tasse sono troppe – afferma un negoziante – e vengono utilizzate per tutelare le altre categorie, come i dipendenti pubblici e privati. La nostra categoria, invece, è spesso abbandonata, specialmente chi paga l’affitto per il locale dove esercita. In più, il Comune non traduce le tasse in servizi perché le strade spesso sono dissestate, non vengono svolti i lavori di ordinaria manutenzione e non vengono offerti adeguati servizi né ai giovani né ai vecchi. Addirittura, dobbiamo essere noi commercianti a pagare la luminaria di Natale per la frazione».

 

I tributi e le spese per la scuola incidono anche nel breve periodo, come ci dice un altro commerciante: «Ad agosto e per buona parte di settembre le cose sono andate benino. Nelle ultime due settimane, invece, c’è stato un pauroso calo delle vendite probabilmente dovuto alle spese per i libri scolastici e alla scadenza della prima rata della Tasi prevista per il 16 ottobre. Questo porta le famiglie a spendere meno per oggetti o alimenti non primari».

 

Con la crisi occupazionale e con il calo di potere d’acquisto dei redditi, le famiglie vicarellesi effettuano acquisti più oculati e rinunciano allo sfizio, a differenza di qualche anno fa. E questo avviene in primis per i beni di prima necessità, come denuncia un altro commerciante: «La nostra crisi rispecchia quella dell’intero Paese. È vero che lavoriamo tutti i giorni, ma vendiamo molto meno: le persone fanno con meno frequenza la spesa e rinunciano a quell’oggetto che non ritengono indispensabile perché c’è bisogno di stringere la cinghia e arrivare alla fine del mese».

 

Alla crisi occupazionale fa da contraltare l’aumento dei prezzi, quasi raddoppiati da quanto è entrato in vigore l’Euro nel 2002: «Molti dei nostri fornitori – spiega un altro venditore –, nel momento del passaggio dalla lira all’euro, hanno fatto il cambio 1 euro=1000 lire. Questo ha causato un’impennata dei prezzi, mentre gli stipendi sono rimasti invariati o, più spesso, sono diminuiti. Tanti giovani, e non, sono senza lavoro e stipendio. Questo significa meno consumi. E questa spirale sta acuendo sempre di più la crisi economica».

 

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