IL RICORDO DELL’AMICO, PAOLO SCHIAVON
A dipingere il ritratto di Roberto, è l’amico Paolo Schiavon. «Ricordo Roberto come una persona dotata di una grande curiosità, sia sulle cose politiche che su quelle sociali e culturali. Un uomo che aveva ottenuto il riscatto sociale. “Sono nato contadino – diceva – e muoio dottore”. Ma lo diceva senza spocchia. Una rivincita sulla vita, la sua, più che un gesto di superbia nei confronti degli altri. Dopo l’incidente che aveva avuto nel 2010 sull’Emilia – era stato investito da un’auto mentre era in bicicletta – la sua vita cambiò. Questo gravissimo incidente gli fece apprezzare di più l’esistenza, lo stimolò a migliorarsi. Diceva che questo evento traumatico lo aveva liberato dai suoi freni inibitori. Un episodio che lo faceva sentire quasi in dovere di partecipare attivamente alla vita sociale e pubblica».
«Dalla politica al nuoto – racconta ancora Schiavon – erano tante le cose che lo appassionavano. Ma, ripeto, le due cose che reputo più significative in lui sono la sua curiosità e il riscatto sociale ottenuto con la laurea. Una cultura, la sua, che però non faceva mai pesare. Se uno diceva uno strafalcione, lui non te lo faceva notare. Parlavamo recentemente, com’è immaginabile, piuttosto spesso del conflitto israelo-palestinese e, su alcune cose storiche qualche strafalcione mi è scappato – me ne sono reso conto dopo – ma lui, sul momento, non me lo ha fatto notare».
«E poi… quella grande passione per la bicicletta. Ci andava 1 o 2 volte la settimana. Questo sport contribuì a fargli superare alcune problematiche insorte con l’incidente. Ricordo che gli dicevo sempre: “Tu stai pure dietro di me, tanto, con quella voce, se mi chiami, ti sento”. Sabato sera era a cena a casa mia; talvolta uscivamo con le rispettive mogli. Ricordo anche che si era prodigato per la causa degli esodati. La nostra era un’amicizia intellettuale, non so se mi spiego… Non come quelli che fanno le calcettate assieme».