Maestro, come è nata in lei la passione per l’arte del Bonsai?
«Ho incominciato ad interessarmi a queste cose quando studiavo all’Università di Kyoto. All’ interno dell’università infatti era presente un giardino giapponese e avendolo visto mi è venuto di istinto di voler lavorare qualcosa che potesse portare avanti la cultura nipponica nel mondo. Così inizai a lavorare sui giardini giapponesi, appunto. Più in là con il tempo però mi sono accorto che la mia vocazione era un’altra e tutto ciò è accaduto quando ho visitato una mostra di Bonsai a Ueno. Da lì, appunto, ho capito che era quello che volevo realmente fare. Anche perché, vedendo i bonsai, ho avuto un’ immagine dei boschi delle mie terre e con questo ho avuto una specie di richiamo al bonsai e sono andato dal maestro Saburo Kato che era il top per quanto riguarda l’arte del bonsai. Quando ci sono andato non avevo la minima idea di chi fosse poi l’ho realizzato dopo. A lui sarò sempre grato e se ora sono quello che sono lo devo sicuramente a lui».
Da quanto tempo realizza questo tipo di opere?
«Da undici anni, da quando ho raggiunto il giardino di bonsai del Maestro Kato. Per i primi 5 anni ho imparato a prendermi cura dei bonsai e solo successivamente mi hanno insegnato a dargli una forma tale da permettere alla pianta di sopravvivere, poiché l’obiettivo centrale dell’arte del bonsai non è rendere bella una pianta, ma farla vivere».
Ha partecipato ad altre mostre all’estero?
«Si, ad esempio l’anno scorso ho partecipato alla mostra più grande del mondo in Cina, poi sono stato in Messico, in Lituania, in Argentina, in Germania e in Italia è la mia terza volta. Ho avuto la possibilità di fare tutti questi grandi viaggi grazie al mio incarico di Ambasciatore culturale dell’arte del bonsai che mi è stato affidato dal Ministero della Cultura Giapponese».
Che significato ha per lei questo tipo di forma artistica?
Lei sarà il giudice di questo concorso, che cosa si aspetta dai bonsaisti italiani?
«Mi trovo in difficoltà a dover giudicare poiché non mi ritengo un maestro, ma un semplice lavoratore di piante. La cosa buona di fare il giudice è che diventa un modo per fare imparare ai bonsaisti cose nuove ed insegnare loro come curare una pianta poiché non è importante quanto una pianta sia bella ma quanto sia in grado di sopravvivere anche perché, essendo un essere vivente, il bonsai è una cosa bella in quanto tale. Quindi darò i miei giudizi non in base alla bellezza, ma in base alla prospettive di vita che una pianta potrà avere. Il divertimento di fare un bonsai infatti sta nel fatto di trovare il modo di farla vivere il più possibile. Infatti io direi che queste competizioni sono utili non tanto per gareggiare ma per imparare qualcosa dagli altri e “rubarsi” positivamente tecniche di realizzazione».
Chiunque fosse interessato a conoscere in maniera più approfondita il mondo dei bonsai e l’operato del Maestro Masashi può visitare il suo sito all’indirizzo http//bonsaihirao.net/