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L’intervista – ALESSIO TALIANI: STORIA DI UN CAMPIONCINO PASSATO AL PROFESSIONISMO

Taliani

Alessio Taliani

Guasticce – Alessio Taliani, 23 anni, ciclista da numerosi anni, è recentemente passato dal dilettantismo al professionismo. Ufficiosamente da agosto; ufficialmente dal 13 gennaio, mediante la firma del contratto. Lo abbiamo incontrato. Ai lettori di Collenews, Alessio racconta come è cambiata – ma soprattutto come cambierà – la sua vita nel passaggio dal dilettantismo al professionismo; parla dello sforzo degli allenamenti, del rigido rapporto col cibo; di come la sua famiglia ha preso la sua scelta di vita; di come la vita sportiva incide nel rapporto con la ragazza e con gli amici e altro ancora.

 

Cosa cambia dal livello dilettantistico a quello professionistico?

 

«Cambiamenti ci sono sicuramente dal punto di vista dell’organizzazione della squadra: ci si trova di fronte a realtà molto più organizzate, avendo un budget molto più elevato, queste squadre possono permettersi strutture e servizi migliori, maggiore personale… Infatti da quando sono passato al professionismo ho notato che siamo seguiti in tutto e per tutto; si sta davvero molto bene. Abbiamo un osteopata; una nutrizionista; massaggiatori, etc… Ci si trova di fronte a realtà molto più organizzate ed efficienti. Cambieranno poi, sicuramente, le gare, anche se io non ho ancora gareggiato, per cui…»

 

Ecco, accennavi alla questione della nutrizionista, quindi del cibo e alla questione finanziaria. Ti farei dunque due domande molto diverse: qual’è il regime alimentare che segui e cosa cambia per te dal punto di vista economico, appunto, nel passaggio dalla dimensione dilettantistica a quella professionistica

 

«Sicuramente a livello finanziario cambia molto; il tenore di vita migliora; non ti posso dire molto, ma… Un giovane parte dalle basi che, sicuramente, nel mio caso, sono buone; non mi posso lamentare. Inoltre le nostre spese: analisi; visite; carburante; pedaggi autostradali, sono interamente coperte. Dal punto di vista alimentare, poi, pure cambia molto: più si va avanti, più ogni aspetto della vita deve essere professionalizzato».

 

Un esempio di regime alimentare giornaliero?

 

«Sicuramente si parte da una colazione abbondante, ricca di carboidrati, ma anche di proteine. Tipo: cereali con yogurt; fiocchi d’avena (che sono molto importanti per gli sportivi); miele; fette biscottate e uova (solamente l’albume perché il tuorlo ha troppo colesterolo). Una colazione molto abbondante, dunque, perché bisogna affrontare tutta la giornata e un allenamento molto  intenso. A pranzo, pure carboidrati: va benissimo la pasta (meglio quella con farine alternative perché ci hanno spiegato che quella “normale” può portare ad intolleranze di varia natura), ma anche il riso, le patate… A cena, ovviamente, niente pasta, ma carni bianche soprattutto e rosse, ma anche verdure, crude soprattutto e prima dei pasti.».

 

Frutta?

 

«Sì, ma meglio lontana dai pasti».

 

Descrivimi un po’ l’allenamento settimanale

 

«Ognuno di noi ha un preparatore che ci segue costantemente e che crea delle tabelle piuttosto specifiche pensate appositamente per ciascuno di noi. Comunque, facciamo un allenamento di 30-35 ore settimanali, forse anche di più; dipende un po’ dal periodo».

 

Tutti e 7 i giorni, quindi, con costanza!

 

«Assolutamente!».

 

Dicevamo prima di cosa cambia a livello materiale, nella vita di tutti i giorni, nel passaggio dal dilettantismo al professionismo. Ti chiedo ora cosa cambia a livello psicologico.

 

«A livello psicologico, ora come ora, nulla perché sono all’inizio e non ho sento molta pressione su di me. Ma, sicuramente, in questo passaggio si vanno ad affrontare gare molto importanti, che possono cambiare la vita e quindi c’è sicuramente più tensione. Per ora la vivo bene, quindi. Anzi… forse ero più stressato nei dilettanti perché dovevo cercare di far bene per arrivare al professionismo e quindi ero anche più teso psicologicamente».

 

Come ti sei appassionato al ciclismo e quali sono i tuoi primi passi nel mondo dello sport, questo o altro, se hai iniziato con qualcos’altro?

 

«Da piccolo facevo piscina, ciononostante ho iniziato abbastanza presto. Tutto è iniziato per gioco, come un divertimento, non pensavo assolutamente di fare il corridore a livello professionale. Mio nonno mi ha incentivato parecchio, ma anche Giorgio Bacci… Mi vedevano bene in bicicletta e hanno fatto di tutto per avviarmi a questo sport. Poi sono arrivati i risultati, la passione, nuovi stimoli e sono andato avanti così: questo è il dodicesimo anno».

 

Qual’è la vittoria che ricordi con maggiore soddisfazione e la sconfitta, invece, che ti ha causato la sofferenza più grande?

 

«La vittoria più bella ed inaspettata fu lo scorso anno: la Coppa della Pace nella quale vinsi in volata. Una vittoria, dicevo, inaspettata perché in volata, se siamo due, di solito, arrivo secondo, se siamo tre, arrivo terzo. Fra l’altro una gara internazionale di un certo valore, che quindi ricordo con particolare gioia. La sconfitta, invece, che mi è rimasta più impressa, fu al Giro delle valli cuneesi. Ero in ottime condizioni, ma nei dilettanti la gara non è molto controllata e spesso il quadro si ribalta; non sempre dunque vince il più forte; le squadre non sono organizzate come nei professionisti, per cui può succedere che non si riesca a dare quanto si poteva dare. A me è successo così. Lottavo per il podio, forse la vittoria stessa, ma… è andata così. Il giorno dopo, tuttavia, con la tanta rabbia che avevo dentro, ho vinto e ho riscattato la delusione del giorno prima».

 

Come vivono i tuoi familiari questa scelta di vita?

 

«Beh, sicuramente ora sono contenti. Sarà meno contenta la mia ragazza ora che sarò sempre in giro, visto che le gare nei professionisti sono in tutto il mondo e corriamo quindi spesso all’estero. In Italia ci sono poche gare, un po’ per ragioni economiche, un po’ per ragioni di altra natura. Tendiamo a correre in Europa e negli altri continenti. Per cui non starò molto a casa».

 

E dici quindi che di questo possa risentirne di più la tua ragazza piuttosto che la famiglia…

 

«Sì, infatti! La famiglia è contenta che ho realizzato il mio sogno…».

 

L’hanno sempre vissuta bene?

 

«Sì sì… L’hanno sempre vissuta bene; mi hanno aiutato, mi sono stati vicini nei momenti difficili, mi hanno sempre seguito con passione, anche perché risultati ne ho ottenuti parecchi in questi anni, per cui anche loro si sono appassionati sempre di più, penso anche di aver ricompensato i loro sacrifici».

 

Mi  ero proposto di chiederti come coniughi il ciclismo con la vita affettiva e con gli amici; in parte mi hai  già risposto…

 

«Io vado via per le gare da metà febbraio fino ad ottobre, per cui da quel mese fino a gennaio/febbraio ho un bel periodo di riposo, per stare con gli amici».

 

Hai mai percepito invidia da parte loro?

 

«No. Anzi, penso siano stati felici per me, che sono riuscito a raggiungere l’obiettivo. Li sento anzi molto vicini; ci sentiamo spesso…».

 

Ora che hai raggiunto questa tappa guarderai ancora oltre, immagino. Qual’è il prossimo obiettivo?

 

«Sono abbastanza ambizioso e perciò il mio obiettivo è fare bene fin da subito; ovviamente per un giovane non è semplice ritagliarsi uno spazio immediatamente perché trovandosi in una grande squadra, con molti campioni… beh: all’inizio, dovrò collaborare un po’ per loro».

 

Cosa significa collaborare per loro?

 

«In gara vengono affidati dei compiti; ognuno ha il suo e, di solito, si cerca di supportare chi va meglio. Ovviamente all’inizio dovrò ambientarmi, capire i meccanismi e, magari, già il prossimo anno potrò ritagliarmi un bello spazio in squadra. Sicuramente dipende molto da come andrò durante la stagione; se andrò bene, magari, avrò qualche spazio fin da quest’anno. Io ci metto tutto l’impegno possibile fin da subito e… si vedrà come andrà. Del resto… già per arrivare a questo punto ci vogliono tante rinunce».

 

Elencale

 

«Dal rinunciare ad uscire con gli amici; al mare d’estate. In questa stagione, appunto, un ragazzo come me vorrebbe divertirsi, mentre intraprendendo questa strada si hanno le gare fino ad ottobre; cinque-sei ore di allenamento il giorno… insomma: una corsa a testa bassa senza possibilità di svago. Ci sono poi le rinunce nel campo dell’alimentazione, ma… insomma: è la vita tutta! Perché, alla fine, stiamo attenti a guidare, a camminare, etc… Insomma: a tutto».

 

 

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